SEO

19 miti SEO a cui non crederà neanche tua nonna!

Una volta ho sentito una storia vera di un tizio di un’agenzia che pagava dei ragazzini stagisti per cliccare in continuazione sui risultati di ricerca dei siti dei clienti per fargli salire il posizionamento. E’ storia recente eh, non degli albori della seo. I miti della seo sono tanti e, contrariamente a quanto si possa credere, ad alimentarli non sono soltanto le persone più giovani e con poca esperienza ma anche quelli un po’ più anzianotti e che negli eventi passano per millantati guru del settore senza macchia e senza colpa.

La nonna però capisce al volo quando tenti di prenderla in giro! Così ho voluto stilare una lista parziale (perché il mito ha molte sfaccettature e non possiamo vederle e raccontarle mai tutte) dei più diffusi miti della SEO, portando anche i contributi di 2 persone fidate e attive nel settore, Martino Mosna e Maurizio Ceravolo.

Angry old woman with a frying pan
Immagine a cura di DepositPhotos

1) Con la semantica si posizionano i siti web

Ecco, questo è uno dei trend del momento o se vogliamo una delle buzzwords legate alla SEO. Il mito in questione, tende a far passare il concetto che attraverso la scrittura di testi che abbiano correlazioni semantica tra una o più pagine web, si riesce a far capire al motore di ricerca che la nostra pagina è rilevante per determinate frasi chiave e che a queste debba essere attribuita maggior importanza, quindi un miglior posizionamento.
Il campo della SEO Semantica è in realtà molto ampio, complesso, in via di sviluppo e, soprattutto, aperto a molte supposizioni. Con la semantica possiamo appunto supporre molte cose, prevedere che un domani si raggiungerà qualcosa ma spesso la supposizione non corrisponde al presente e a quello che di concreto c’è.

Far passare il concetto che esista qualche fattore o strategia che permetta di far posizionare un sito web meglio dell’acquisizione dei links, corrisponde già a mio avviso ad alimentare un falso mito.

Quello che di semantica ogni SEO dovrebbe fare è arricchire il proprio sito di dati strutturati, seguendo i vocabolari di Schema.org e scrivere testi nel linguaggio più naturale e pertinente possibile. La semantica la fa il motore di ricerca, non il SEO e se proprio vogliamo parlare di semantica, quello a cui guardare è l’evoluzione del Kwoledge Graph nel più recente Knowledge Vault, secondo il quale Google intende estrarre quante più possibili informazioni dalle pagine web (sotto forma di soggetto, predicato e oggetto) per costruire un database vastissimo, che vada oltre ai database da cui ora estrae informazioni (wikipedia, freebase) per creare quante più possibili correlazioni e ridurre le incertezze di risposta alle query degli utenti.
Mentre il Knowledge Graph estraeva informazioni principalmente dai testi, il Knowledge Vault guarderà anche ai dati tabulari, alla struttura della pagine e alle annotazioni umani, con l’obiettivo di costruire il più grande database di conoscenza strutturata esistente. Qui se volete leggere tutto il documento ufficiale.

Update sul Knowledge Vault

Giorgio Tave mi segnala che in realtà Google ha smentito (o quanto meno non ha confermato) di essere al lavoro sul Knowledge Vault.

Smentita a parte, sono convinto che se il brevetto c’è è perché magari hanno intenzione di sviluppare qualcosa di più grosso degli attuali database.

Il SEO quindi che deve fare? Oltre a fornire dati strutturati alle proprie pagine web, non dovrebbe far altro che scrivere in modo pertinente e per l’utente, con naturalezza. E’ inutile a mio avviso spararsi dei pipponi SEO millantando la scoperta di strategie di posizionamento semantico di pagine web. La semantica, ripeto, la mette in atto il motore di ricerca, non l’essere umano. L’essere umano deve solo produrre e rendere pubbliche informazioni.

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2) L’https è un fattore di ranking

Questa è l’altra buzzword estiva. Che Google intenda costruire un web più sicuro lo si era capito già da tempo e almeno da quando avevamo iniziato a notare un incremento di “not provided” in Google Analytics. Poco tempo fa è stato annunciato, tra lo stupore di molti, che avere un sito che naviga in “https” anziché il normale protocollo http, permette di avere un boost (o slancio) nel ranking del proprio sito. Questo era l’annuncio ufficiale. Che poi, quale boost? Per tutto il nome di dominio? Per tutte le keywords associate? Per alcune? Boh! Fatto sta che impatterà circa l’1% delle query. Poco, si penserà, ma l’1% di tutte le query non è affatto poco e la scelta è stata letteralmente di quelle “pull” e decise unilateralmente, quasi a spingere il webmaster a migrare all’https anche quando non ce ne siano ragioni evidenti, ad esempio quando si ha un blog.

Il mito dov’è? C’è eccome perché ci sono svariate altri fattori su cui lavorare per posizionare un sito web migliori rispetto al pippone di pensare di migrare il sito in https pensando che, magari di colpo, si sbalza il competitor dalle serp. Tra l’altro è interessante leggere questo studio recente di Kissmetrics che non ha trovato alcuna reale evidenza nel fatto che i siti in https abbiamo un ranking migliore di quelli in http.

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Insomma, questa dell’https a me è sembrata un po’ come quando da piccolo ti danno la caramella solo se finisci di mangiare il brodino vegetale. Anche l’authorship era importantissima e hanno urlato nei megafoni per tre anni per farla implementare, ma alla fine l’hanno fatta fuori.

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3) La parola chiave competitiva vende di più (ovvero più traffico è uguale a più vendite)

Questo mito è radicato nei clienti e forse anche in qualche SEO. Vi è capitato di trovare il cliente fissato nel voler essere al primo posto su Google con la parola chiave competitiva? Oh, sicuramente si! Solitamente la parola chiave competitiva ha queste caratteristiche:

  • è di tipo head o al massimo middle tail, quindi composta da una o al massimo 2 parole;
  • ha volumi di traffico elevati;
  • è altamente competitiva e, a seconda dei settori (es. poker, casino, finanza, ecc.) suscettibile ad ulteriore competizione tra stessi seo white o black hat che siano.
  • pur generando volumi di traffico maggiore, solitamente sono imputabili a quella tipologia di query dette informative, che si distinguono da quelle che, dovrebbero interessarci di più, dette transazionali, che corrispondono alla vera conversione.

Le query transazionali sono infatti quelle dette di coda lunga, attraverso le quali l’utente esplicita in modo completo la sua intenzione d’acquisto e quindi sa già esattamente la tipologia di prodotto o servizio da cercare. Quindi più traffico non vuol per forza dire maggiori vendite. Eppure ci sono quei clienti che pur di cercare il posizionamento per parole chiavi specifiche sono disposte a venire a patto con strategie di bassa qualità. Non sono pochi e poi se ne pentono.

4) I seo più storici e con più esperienza sono i più bravi

Una delle cose che leggo nelle interviste ai seo più storici è l’evidenziare l’anno in cui si lavora nella seo. Ce n’è di tutte: “faccio seo dal 2000, dal ’98”, fino ai precursori che accennano anche al ’93. Ammazza oh! Avere tanti anni di esperienza in una materia di per sé non definita e complessa non vuol dire essere più pratico in quella materia. La seo è infatti così dinamica che spesso noi stessi seo non riusciamo ad adottarne in tempo i cambiamenti e continuiamo a perseguire le strategie più classiche. Oltre dieci anni fa (e anche meno) era raro che venivi penalizzato per la link building spazzatura, la keyword stuffing e density funzionavano, farcire i meta tag di keywords ti permetteva di rankare meglio e tecniche black hat on site erano nell’ordine delle strategie di molti oggi storici seo.
Ho lavorato con clienti che venivano da millantati guru del settore con i loro siti penalizzati e abbandonati ad una morte lenta.

5) Il link è utile solo se con anchor text che mi interessa

Anche questo è un mito. Sebbene sia vero che, ad oggi, il fattore di ranking più forte è uno di quelli considerati off site o di popolarità, come l’anchor text del backlink esterno (da sito a tema, con alto authority e trust), questo non vuol dire che un link a nome di dominio o del brand non possa far fare traffico organico a un sito e vendere. Avrà anche meno valore dell’anchor text corrispondente alla keyword che ci interessa, ma non per questo dobbiamo evitarli.
La fissa con la ricerca dell’anchor text esatto comporta anche l’aggressività di tecniche di link building e la possibilità più elevata di finire in filtri algoritmici come Penguin o in azioni manuali.
Un anchor text dei link esterni più naturali è sintomo di maggior naturalezza ma anche di strategie rivolte al branding, di cui il content marketing può essere parte attiva.

6) Le infografiche sono spam

Questa frase l’ho sentita dire solitamente da quei seo che non si occupano di link building, ma solo di seo on page o che costruiscono linketti attraverso le vecchie tecniche (compravendita links, article marketing, directories, ecc.) e da chi le infografiche non sa farle. Di conseguenza, c’è il vizio di snobbare tutto quanto non viene svolto direttamente. Io ad esempio trovo inutili comunicati stampa e article marketing, soprattutto se fatti utilizzando network di siti di bassa qualità e da cui si evidenziano per la maggiore links esterni in uscita e verso siti fuori tema.
Relativamente alla dichiarazione di Matt Cutts sull’applicazione del rel nofollow alle infografiche bisognerebbe dare un’interpretazione: qualora viene creato un embed code che tende a forzare l’anchor text di un link di chi embedda l’infografica (o altro widget) allora ha senso. Ma non vedo perché un webmaster dovrebbe apporre il nofollow per un link naturale che a distanza di mesi produce alla fonte originaria traffico referral.
Leggendo questo caso di studio si può anche comprendere meglio.

7) I social media influenzano il posizionamento

Altro mito su cui si è discusso molto con tanto di correlazioni di rankings e fattori social. Allo stato attuale nessun social media influenza direttamente il ranking. Neanche Google+, che invece favorisce il crawling delle pagine, anche se soggette a restrizioni del bot.

8) i social media NON influenzano il posizionamento

In realtà lo influenzano indirettamente. Se faccio attività di content marketing e queste rimbalzano nei social può accadere che altri siti decidano di ripubblicare il nostro contenuto o parlarne e questo ci permette di acquisire nuovi links in entrata. Ma più in generale con i social possiamo entrare in contatto con i blogger e arrivare a mostrare la nostra offerta (pensiamo alle campagne ads) a siti web e blog che trattano di determinati prodotti e stilano classifiche o rubriche apposite.

9) La vera SEO è quella on site, il resto è fuffa

C’è chi è ancora convinto (ed in genere è una forma mentis che deriva dai seo vecchio stampo) che la vera SEO sia quella on site. E’ uno dei più grandi miti questo. E’ impensabile posizionare siti senza curarne contenuti e popolarità.

Puoi anche arrivare all’olimpo della conoscenza del funzionamento di Google, ma se non produci contenuti e non sai come creare relazioni e sviluppare strategie per acquisire links, resti solo un bravo oratore che resta a dormire sugli allori.

Chi non è convinto di questo, è invitato a mostrarmi siti senza links e con un esclusiva ottimizzazione on page che producono più di 500 visite organiche al giorno (ipotesi già piuttosto ottimista).

11) Se sei uno sviluppatore sei un vero SEO

Anche questo è un mito direttamente riconducibile al primo. Il fatto che se sai programmare e capisci tutto corrisponde ancora una volta al fatto di ragionare a comparti stagni in una materia in continua evoluzione. La seo è un processo e come tutti i processi richiede risorse differenti. L’aspetto tecnico è molto importante e viene sicuramente d’aiuto qualora ci siano problemi del sito o qualora non si comprenda come server e sito interagiscono. Limitarsi però a conoscere i linguaggi di programmazione è però riduttivo e non permetterà di sfruttare benefici derivanti da una squadra di elementi specializzati ognuno di essi in determinate mansioni.

12) il sito ranka meglio se è registrato con Google Domain

C’è chi è arrivato a crederci. Quindi l’inserimento di questo mito era d’obbligo.

13) Google mi ha preso di mira

Ho letto discussioni di webmaster e seo che si sentono presi di mira da Google. Chi lo afferma ha solitamente la coda di paglia. Ma davvero pensate che Google possa dedicarsi interamente a voi e al vostro sitarello? Al max vi degnerà di qualche minuto di attenzione quando vi infliggerà una penalizzazione manuale.

16) I link “fantasma” funzionano: spammo link “abbestia” e poi li tolgo così non mi faccio beccare da Penguin

Il tutto nasce da un post di Rand Fishkin dal titolo: Link Echoes (a.k.a. Link Ghosts): Why Rankings Remain Even After Links Disappear, che evidenzia interessanti teorie che provano come, in certi casi, la rimozione di links non corrisponda per forza alla perdita dei posizionamenti che quei links garantivano. Mentre lui evidenzia una teoria (sia chiaro, in quel post non viene illustrata come una strategia da perseguire ma come pura teoria) da noi inizia ad arrivare e ad essere vista come una tattica black hat: posso ad esempio riempire i miei siti di linketti spam a chiave esatta fino a che non scalo le serp e poi provare a toglierli tutti. Tanto restano i posizionamenti.
Oppure ci sono i venditori di links che possono vendere link e poi rimuoverli. Io non credo molto nel link ghost. Benché qualche correlazioni possa esserci, la storia ci ha mostrato molti casi ad esempio di penalizzazioni SEO per link in entrata risolte con rimozione o disavow di un grosso quantitativo di links che aveva portato però comunque il traffico organico a non essere più quello di un tempo. O ancora di links rimossi che causavano la penalizzazione ed impattavano negativamente sull’intero profilo e che una volta rimossi hanno fatto migliorare il traffico organico.
Non possiamo sapere con certezza dove sta la verità, ma anche in questo mito, come per quello dell’https come fattore di rankings, io mi concentrerei più che altro sulla basi assodate della SEO.

17) I link nel footer NON funzionano

Ne siete certi? . Altra cosa che ho osservato da un paio di test è che i cambiamenti di anchor text, in questo caso da links nei footer comportavano anche variazioni in serp. Leggere, ma comunque di rilievo. E anche tra siti off topic. Questo vuol dire che possiamo tutti fare ancora linketti? Nossignore! Perché queste ed altre tipologie di link building old style e di bassa qualità rientrano tra i pattern a cui le penalizzazioni algoritmiche (ma anche manuali) guardano prima di infliggere dei flag al sito. Meglio quindi starne sempre alla larga e ricorda che se sei stato miracolato oggi potresti non esserlo domani.

La velocità di cambiamento degli algoritmi non è proporzionale all’adozione da parte dei seo e solitamente prima ci facciamo male (anzi, si fanno prima male i clienti) e poi cambiamo tattica.

18) Sono stato penalizzato da Google Zebra e la link building a prova di Colibrì

Sto fatto di Google Zebra non l’ho mai capito. Eppure se n’è parlato molto nel web e anche da parte di fonti autorevoli. Boh, sarà l’ossessione per gli animali e la voglia di ricostruire l’arca di Noè. Tra gli altri miti ricorrenti ho sentito anche di grosse agenzie che vendevano servizi link building a prova di Hummingbird, che, (sarebbe utile spiegare agli esperti seo di queste agenzie) è un update infrastrutturale (come lo era anche Caffeine, per intenderci) e non anti-spam ed era errato pure pensare che quando uscì Hummingbird i propri siti potevano essere penalizzati.

19) last but not least… La SEO è morta

Il re dei miti SEO. Quello che se lo racconti alla nonna ti molla un ceffone che non dimenticherai mai. La SEO è più viva che mai. Questa è la sensazione che ho in questo periodo

Professionista SEO, da sedici anni, progetta strategie digitali orientate allo sviluppo di visibilità online. Come consulente SEO ha lavorato in prima persona a differenti progetti complessi in settori ad elevata competizione, costruendo da zero progetti da oltre 20 mila visitatori giornalieri.

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11 risposte a “19 miti SEO a cui non crederà neanche tua nonna!”

  1. DIRTY WORK ha detto:

    Ottimo articolo Dario, soprattutto in un epoca questa in cui il SEO è sulla bocca di tutti e capita spesso di sentire cose ABOMINEVOLI!

  2. Ceci N'est Pas Gianluca ha detto:

    Ciao Dario,
    complimenti per l’articolo: chiaro ed esaustivo.
    Avrei una domanda da porti riguardo la SEO per gli ecommerce: in che grado penalizza il fatto che stagionalmente (per i siti di abbigliamento), i contenuti (prodotti) debbano essere spostati e/o spenti e che quindi i link in entrata abbiano una durata circoscritta che limita la long tail e quali accorgimenti SEO quindi andrebbero presi, vista l’intrinseca caducità di questo tipo di ecommerce?

    Spero di esser stato chiaro.

    Grazie mille,
    Gianluca

    • Dario Ciracì ha detto:

      Ciao,
      le casistiche possono essere diverse. L’ideale sarebbe realizzare url che possono poi essere aggiornate e presentare ad esempio i prodotti della stagione successiva. In questo modo si evita di dover fare redirect 301 alle nuove versioni di anno in anno.
      Se invece si tratta di pagine che hanno una data di “estinzione” puoi utilizzare i meta “expires” indicando una data di estinzione delle pagine che dirà al bot di deindicizzarle e il meta “revisit-after” con relativa data, che dirà al bot quando deve reindicizzarle.
      Il valore dei link in entrata non viene perso fintanto che le direttive dei link tra la direttiva degli stessi tra le pagine resta “follow”.

      • Ceci N'est Pas Gianluca ha detto:

        Fantastico, finora mi era capitato di adottare solo i 301 con redirect alla categoria di pertinenza, ma le alternative che proponi sembrano ottime. Grazie mille!

  3. Giovanni Le Coche ha detto:

    Il solito impeccabile Dario.. diciamo che il finale racchiude un pò tutto. Il funerale della SEO, soprattutto, italiana è dato, nella maggior parte da chi non solo non sa fare SEO ma, allo stesso modo, non domanda, non si informa non fa pratica e millanta l’altro incredibile mito: “No, sai.. ho fatto un basic seo!” A parte la risposta: “Che cacchio è la basic seo?” Ti crolla il mondo quando alle semplice request di robots e sitemap ti appare uno splendido forbidden!!! 🙂

  4. Iodice Generoso ha detto:

    Io non riesco a capire delle cose: a me molti hanno fatto del male in tutte le maniere per la Giustizia, ma Google.it non ha mai detto la verità su chi sono e perché, anzi mi hanno preso anche in giro. Sappiate che a me molte donne, mi hanno fatto dei gravi danni permanenti e questi di Google.it non dicono la verità in assoluto, ma solo quello che gli fa comodo anzi su di me plagiando e manipolando tutto a loro compiacimento senza farmi sapere niente di quello che hanno fatto a me ed alla mia famiglia. Per questo vi dico: a che serve Internet, a qualche cosa, ma sappiate bene che vi faranno sapere soltanto quello che vogliono farvi sapere, mentre Dio mi ha detto come gli ho scritto: ci sarà il sigillo del peccato, cioè se verrebbero messi tutti i fatti e le sapienze e tutti i peccati ed il resto su Google.it o .com ci sarà il sigillo del peccato eliminato, poiché tuti per non essere messi in evidenza dei loro errori, non li faranno più, io gli è l’ ho detto, ma figuratevi non mi hanno fatto neanche iscrivermi su webmaster, ciò che vuol dire se nascondono gli altri? E fanno sapere solo ciò che vogliono farvi sapere? Sappiate pure che Gesù dice nel vangelo ed è verità: non c’ è un castello su una montagna che prima o poi non debba essere visto, e poi sappiate pure che a Dio non gli scappa una virgola, tiene contato persino il centesimo dei capelli che abbiamo in testa, quindi non sarebbe bene che Google direbbe tutto di tutti e sarebbe un’ ideale motore di ricerca? Se non l’ ho sapete la legge è uguale per tutti, e poi molti che credono di essere furbi pensano: io faccio questo ma chi mi vede, ma lo stolto pensa questo, ma Dio sa sempre tutto, ed un domani, cosa gli diranno tutti compreso Google, che, non vuole, eliminare il peccato?

  5. Ciao Dario una lista che sono sicuro potrebbe diventare molto lunga!
    Non posso che darti ragione su quella dei SEO con anni di esperienza, perché molti aggiornamenti di Google arrivano in ritardo (anche di 1-2 anni) alle orecchie sia di esperti che principianti.

    Credo che la dote indespensabile per un SEO sia la capacità di analisi e il continuo aggiornamento!
    In linea generale che siano i links o back-links a svolgere un ruolo importante non c’é dubbio, essendo alla base dell’algoritmo di Google da sempre.

    Tuttavia ho trattato casi di siti web (ecommerce) posizionati ai primi posti senza bisogno di links e perfino senza pagine indicizzate (tutte in disallow) su circa 1 milione di risultati (quindi con molti altri competitors) e si tratta di domini nuovi a pagerank = 0

    In questo caso, l’unico e solo fattore di ranking è stato nome a dominio e condivisioni nei social, ma non nei social network! parlo di FORUM quindi post, commenti, cocitazioni, etc. da dove ho estratto la teoria che Google posiziona i siti web in base alle visite referral ricevute e in altre parole, in base alle performance sulle statistiche.

    In effetti sono le visite ricevute il miglior segnale di gradimento (molto più dei links) da parte degli utenti, che difficilmente si possono manipolare, aumentare, diminuire, migliorare a proprio piacimento. E qui svolgono un ruolo importante i contenuti e la SEO onpage (io ritengo che la SEO sia quella onpage e che tutto il resto bisogna chiamarlo diversamente).

    Non parlo di visite originate da Adwords o da un unico IP di pochi utenti sia chiaro, ma da utenti diversi che poi diventano anche utenti di ritorno (questo secondo me è il miglior segnale di gradimento). Per cui miti SEO e leggende vanno interpretate nella giusta chiave di lettura e serve capacità di analisi, come ho già scritto, per arrivare a capire queste cose e farne un articolo, ad esempio.

  6. Lorenzo ha detto:

    Buongiorno Dario !

    Ho cominciato a seguirvi da poco, ma tutti i vostri contenuti sono interessanti, complimenti !

    Di recente ho scritto anch’io un articolo sui ” miti da sfatare ” nel mondo dei blog.

    Visto che sto scrivendo ad un esperto, quando hai voglia ( e tempo ) ci daresti un occhio ? Mi daresti qualche consiglio ?

    http://www.wdesigner.it/blog/18-miti-smascherati-sui-blog/

    Grazie ! Continuate così 🙂

  7. Matteo ha detto:

    Ciao grazie per l’articolo che hai scritto, mi piace!
    Volevo chiederti ho qualche dubbio su ciò che hai scritto sull’influenza dei Social Media nel ranking della serp.
    Recentemente ho visto alcuni fattori secondo moz e tra cui risultavano i Social come fattori di ranking cosa ne pensi?

    matteo

    • Dario Ciracì ha detto:

      Ciao Matteo,

      ogni qualvolta si parla di fattori di social media che influenzano il ranking bisogna sempre prendere tutto per le pinze. Ciò che fanno emergere queste indagini sono soltanto dati di correlazioni tra le pagine posizionate alle prime posizioni per determinate parole chiave e il fatto che queste abbiano “anche” alte condivisioni sociali.

      C’è però da dire che la correlazione non determina la causalità, ovvero le correlazioni di presenza di segnali sociali nelle pagine che rankano meglio per quelle query non determinano per forze che queste siano la causa di quei rankings.

      Infatti si parla spesso di correlazioni indiretta: una pagina web potrebbe acquisire nuovi links in entrata grazie al fatto che è diventata virale nei social ed è arrivata all’attenzione di altri siti o blog che hanno deciso di citare il contenuto della pagina, linkandola. Quindi alla fine il vero segnale di ranking rest ancora il link e non il segnale sociale.

      Ti porto l’esempio di questa pagina, all’interno della quale c’è un’infografica che abbiamo realizzato http://www.rodiola.info/calorie-bruciate-sesso.php Cercando su Google “sesso e cibo” quella pagina è al primo posto su google e tra facebook, G+ e Twitter ha generato oltre 60.000 condivisioni sociali. Diventò un contenuto virale. La viralità creata grazie ai socials ha permesso alla pagina di acquisire ad oggi più di 150 links in entrata e sono questi che permettono alla pagina ora di rankare bene,

      Ecco, questo è come i social possono influenzare indirettamente il posizionamento, ma non direttamente; il segnale sociale in se non vale nulla. Il link invece si.

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