Dobbiamo iniziare a preoccuparci delle ricerche “zero clic”?
Partiamo subito da un dato importante pubblicato su Sparktoro su elaborazione dati del tool di analisi Similarweb: nel 2020 il 64,82% delle ricerche su Google non ha prodotto alcun clic sui risultati restituiti. Il dato è riferito alla somma delle ricerche desktop e mobili e, considerando che sono sottostimate le ricerche mobile e non conteggiate quelle vocali, potremmo concludere che oramai più dei 2/3 di tutte le ricerche su Google siano ora ricerche “zero clic”.
Nello specifico, questi alcuni dettagli sulla ricerca effettuata da SimilarWeb.
Sono state analizzate circa 5,1 trilioni di ricerche su Google nel 2020
Queste ricerche sono avvenute su oltre 100 milioni di dispositivi mobili e desktop da cui SimilarWeb raccoglie i dati di clickstream.
Di queste ricerche il il 33,59% ha generato clic sui risultati di ricerca organici, l’1,59% ha generato clic sui risultati di ricerca a pagamento e il restante 64,82% ha completato una ricerca senza un clic diretto e successivo su un’altra pagina web.
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Ricerche zero clic desktop VS mobile
Le ricerche che risultano in un clic sono molto più elevate sui dispositivi desktop (50,75% di CTR organico, 2,78% di CTR paid).
Le ricerche senza clic sono molto più elevate sui dispositivi mobili (77,22%).
Rand Fishkin di Sparktoro ha poi creato dei grafici che mostrano la differenza di ricerche tra desktop e mobili. Come si può notare, ciò che può spaventare di più è il dato riferito alle ricerche mobili: oltre il 77% di queste è di tipo “zero clic”.
La causa della ricerca “zero clic”
C’è poco da commentare a riguardo. I numeri parlano da soli. Sembrerebbe si vada sempre più verso una tendenziale riduzione dei clic organici nel tempo. Ciò è dovuto soprattutto alla capacità di Google di essere ormai da tempo il miglior motore di ricerca, pardon, “di risposta” (è oggi più corretto), in circolazione.
Si, perché a causare il “non clic” su un risultato di ricerca è proprio il fatto che Google è in grado sempre meglio di rispondere alle query di ricerca direttamente nella Serp e sappiamo tutti quanto ci tengono al concetto di “mobile-first”, soprattutto considerando che navighiamo e cerchiamo oggi molto più da mobile che da desktop.
Tra Featured Snippet, risposte direttamente nel campo di ricerca, box “people also ask” e altre feature, si ha la possibilità di avere sempre più, col passare del tempo, risposte più dettagliate. Certo, se vuoi andare proprio in profondità sei portato a cliccare su uno dei risultati di ricerca, ma comunque nel complesso il numero di clic tende a ridursi parecchio.
Pensa dunque a quanto è oggi difficile fare SEO rispetto, ad esempio, anche a soli 6-7 anni fa:
- Competizione crescente nelle Serp (sono sempre meno le aziende e i siti web che non conoscono la necessità di “ottimizzare il sito per i motori di ricerca”, e ci credo, con gli n mila corsi di formazione diffusi in questi anni);
- Il motore di risposta, che è diventato Google, spinge tutti a dover concorrere non per la prima pagina, ma per le prime 3-5 posizioni della prima pagina e, a quel punto, aver raggiunto quel posizionamento potrà diventare un giorno anche vano, se Google stessa estrae la risposta dai primi siti posizionati e la serve su un piatto d’argento (o meglio un pannello d’argento) all’utente. Se prima si diceva che il posto migliore per nascondere un cadavere è nella seconda pagina di risultati Google, a breve sarà sufficiente nasconderlo oltre la prima schermata di Serp del proprio smartphone.
- Mobile First Index, Page Experience, Core Web Vitals e compagnia bella. Come se non bastasse tutto ciò visto sopra, a rendere ancora più difficile lavorare in organico, Google ti obbliga ad avere siti web con standard elevatissimi di performance, che praticamente devono essere spogliati di qualsiasi estetismo non utile alla navigazione dell’utente.
Come dice fra le righe Rand Fishkin, forse è arrivata l’ora che qualcuno all’antitrust intervenga.
E i risultati sponsorizzati?
A questo punto si potrebbe pensare che Google farà in modo di invertire il trend, che potrebbe causare un calo del suo fatturato dai risultati sponsorizzati. Non ne sarei così sicuro.
I dati elaborati da Rand Fishkin mostrano infatti come la quota di clic a pagamento stia chiaramente crescendo e analizzando i numeri, questo vale sia su dispositivi mobili che desktop.
La fine del 2020 ha registrato la quota più alta mai registrata di ricerche zero clic.
La buona notizia: oggi ci sono più ricerche su Google che mai e anche più clic disponibili.
La cattiva notizia: negli ultimi tre anni, Google è stato il principale beneficiario dell’aumento del volume di ricerca in tutto il mondo e poiché la pandemia toglie più persone dai loro laptop e desktop e li riversa sui loro dispositivi mobili, c’è una buona probabilità che il problema della ricerca “zero clic” salirà ancora di più in futuro.
Informazioni e dati molto interessanti!