5 storie di campagne Facebook ads (situazioni difficili e soddisfazioni).
Ci sono diverse tipologie di campagne Facebook ads, di clienti e di situazioni difficili a cui si potrebbe andare incontro quando si fa questo lavoro; e quando questo arriva a riempire le giornate, e la sera qualcuno mi chiede: “Che hai fatto oggi?”, non potrei raccontargli altro.
Ho pensato così di raccontarlo a voi, classificando alcune campagne che sto gestendo in questo periodo in 5 punti, in base a quella che è la tipologia di cliente che mi è capitata, il settore, i problemi ma anche le soddisfazioni.
Pronti?
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Il cliente ansioso
Il cliente ansioso non è la tipologia migliore che possa capitarti. Mi sono così ritrovato a far partire delle campagne per la vendita di alcuni corsi di formazione high ticket.
Il cliente mi contatta ogni giorno da subito per sapere perché le iscrizioni non stanno ingranando, e mi tocca spiegargli che è normale, che la campagna deve ottimizzarsi e che il processo di acquisto ha i suoi tempi, etc… tranquillizzandolo.
Effettivamente poi avviene l’impennata, e in quella fase il cliente è più tranquillo e io anche. Poi succede che per due/tre giorni non arrivano iscrizioni, ed eccoci punto da capo: “cosa è successo alle campagne? Perché non portano più risultati?” Alché mi tocca spiegare che delle fluttuazioni sono normali, che Facebook ads non è l’esempio perfetto della stabilità, anzi; che si valutano solo numeri statisticamente rilevanti, e quello che conta è il risultato complessivo.
Nei casi più scongiurabili questa tipologia di cliente inizia a micro-gestirti, ossia ti ordina di cambiare un copy, disattivare un’inserzione e riattivarne un’altra, etc… situazioni senz’altro poco professionali per un advertiser.
Il cliente low budget
Ok, all’inizio dell’attività può succedere che prendi un cliente che può investire poco, e nel tempo, anche per il rapporto che si è creato, non ti viene mai di dirgli “da oggi il prezzo raddoppia perché io sono cresciuto”. Gli lascio quel prezzo facendo giusto un’eccezione (giusto o sbagliato che sia).
Con un basso budget da dedicare alle campagne Facebook, si sfrutta meno l’ottimizzazione e ottenere risultati soddisfacenti può essere un’operazione da salti mortali. Inoltre, se anche il sito web non supporta bene il processo di acquisizione perché richiede notevoli migliorie (e investimenti), tutta la sfida diventa un’incognita.
Mi è successo, recentemente, di vendere degli infoprodotti a queste condizioni, con il risultato finale di ottenere un pareggio tra investimento e utili. Ok, non c’è stato nessun guadagno economico, ma un grosso risultato a livello di brand, di Lead e di fan, costruendo delle basi solide per il futuro prossimo.
Il cliente, consapevole dei limiti, ha molto apprezzato il lavoro svolto. Low budget, ma una persona con cui è un piacere lavorare e un progetto che crescerà costantemente.
Settore borderline
Il fatto di aver preso in gestione un progetto in un settore borderline è ciò che mi ha fatto impazzire in questi giorni. Fino ad ora era andato tutto bene. Le campagne producevano Lead e il business veniva sempre più scalato con nuove creatività, copy e formati che abbassassero i costi per conversione.
Ma proprio quando tutto stava andando per il meglio, ecco che arriva la mano del revisore di Facebook che batte il martello sentenziando:
Non solo mi ha disapprovato quasi tutte le inserzioni attive, ma ha revocato l’approvazione anche da alcune precedenti non più attive.
A quel punto ho provato a correre ai ripari con piccole modifiche e duplicazione delle campagne, nella speranza di un risultato diverso, ma notavo che la disapprovazione era praticamente automatica, perché scattava qualche secondo dopo il lancio dell’inserzione.
Dopo diversi test, ho scoperto che questo automatismo era collegato al link della pagina di destinazione. Difatti provando ad inserire uno short url che reindirizzasse alla stessa pagina, ho raggirato il blocco e le campagne sono ripartite.
Ho sperato ancora che tutto si fosse risolto così. E invece?
Dopo meno di 24 ore arriva una nuova disapprovazione. Purtroppo è così: quando un account finisce sotto i riflettori, improvvisamente i controlli, ma soprattutto l’interpretazione del regolamento nei tuoi confronti, si irrigidisce e non ti fanno più passare nulla.
Ora la soluzione sarà quella di sentire continuamente l’assistenza, e di fare nuovi test che convincano Facebook ad approvare le modalità comunicative.
Quando ho raccontato ad un mio mentore l’episodio, mi ha risposto: “questo succede perché accetti di lavorare in settori borderline”. E questo implica che: o scegli di non lavorarci, o scegli di farti pagare di più. Altrimenti, quando sopravvengono queste circostanze, bisogna gestirle e sono particolarmente rognose oltre che dispendiose a livello di tempo ed energie.
Forte domanda, offerta insoddisfacente
Recentemente ho anche gestito una campagna rivolta a persone che hanno da tempo una patologia per la quale non esiste una cura chiara, ma si procede un po’ a tentativi e ognuno reagisce diversamente.
In generale c’è grossa insoddisfazione e le persone che ne sono affette sono pronte a valutare qualsiasi nuova possibilità, pur di aggrapparsi all’ennesima speranza di poter risolvere il problema.
Ho notato inoltre che Facebook targetizza incredibilmente bene questa tipologia di persone. Probabilmente perché la loro sete di ricerca di soluzioni viene espressa anche sui social, che quindi riescono a registrare il problema che li affligge.
Il cliente, un professionista che se ne occupa, intendeva offrire dei contenuti gratuiti per aiutare queste persone, al fine di organizzare successivamente anche un evento sul tema.
La campagna è andata davvero molto bene. In sintesi: tantissimi Lead a costo bassissimo. E il cliente si è complimentato.
Il merito tuttavia non era solo mio. La campagna era resa semplice dal forte bisogno che hanno questi utenti, quindi dalla forte domanda al cospetto di un’offerta che non l’ha mai realmente soddisfatta.
Evergreen
Una campagna evergreen è la miglior fortuna che possa capitarti. Perché il cliente si farà sentire ogni tanto solo per dirti che tutto sta andando bene, complimentandosi, mentre nel frattempo tu non avevi fatto praticamente nulla, se non monitorare le metriche principali.
Mi è successo questo nella campagne che sto gestendo da quasi un anno per una psicoterapeuta. C’è un annuncio su Facebook e tre su AdWords che girano continuamente, portando l’utente su una landing dalla quale parte una richiesta scritta o telefonica per un appuntamento, che poi viene gestito direttamente dalla cliente.
Finché i risultati positivi si mantengono costanti, come avviene da mesi, non c’è motivo di cambiare nulla. Ci sarebbe in realtà la possibilità di scalare, ma la professionista in questione non può al momento supportare un incremento sulla media di ingresso di nuovi pazienti, motivo per cui le campagne devono restare immutate.
Se tutte le campagne fossero evergreen, potresti andare in vacanza tutto l’anno mentre loro lavorano per te.
Purtroppo nella maggior parte dei casi non funziona così 🙂
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