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Problemi di gestione Social? Cacciamo i social cialtron specialist e rimettiamoci al Clutrain Manifesto

Non voglio cavalcare l’onda di tutti i social markettari che spesso, non avendo nulla da fare, sono tutto il tempo su Twitter a fare del sano e moderno gossip 2.0, una volta per la puntata di Report e un’altra per delle cattive gestioni della presenza social di aziende abbastanza importanti, come Patrizia Pepe, a opera il più delle volte, non di vere persone facenti parte dell’organico aziendale, ma di consulenti che si auto-appiccicano addosso la funzione di “social media specialist”, spesso, salvo le buone eccezioni, per essere dei “chiacchieroni 2.0”. Ok, un social media editor o specialist deve padroneggiare linguaggi, essere empatico e socievole, sviluppare relazioni con gli utenti (pensiamo alle solite faccine coi sorrisini da “paraculo”, che ammetto di aver usato anch’io) e spesso, sviluppare idee che, secondo loro sono “virali”, pensiamo ai contest tutti uguali con cui, in Italia, paese di copioni, si avviano quelle che i social cialtroni specialist definiscono “strategie di social media marketing” e già qui sbagliano, dato che il social media marketing non è una strategia, ne tanto meno una strategia periodica, ma un approccio di business pianificato e continuo che se un’azienda decide ed inizia ad utilizzare, non può certo abbandonare.

State pensando che sono un po’ incazzato? In realtà si. E prima di dirvi il perché faccio una piccola premessa. L’azienda nel suo complesso è formata da varie funzioni, quelle che in passato venivano chiamati reparti. C’è l’amministrazione, le vendite, la funziona ricerca&sviluppo, dove il prodotto viene ideato e testato, la funzione produzione che si occupa dei vari stadi di trasformazione del prodotto da materia prima a prodotto finito, e poi c’è il marketing, quello che a noi più di tutti gli altri interessa. Onere del marketing è quello di “piazzare” il prodotto finito nei mercati, dopo che sono stati segmentati e targetizzati, andando a soddisfare il segmento-target più redditizio per l’azienda. All’interno del marketing, tra le varie micro-funzioni (perché il marketing non è solo pubblicità e promozione!) c’è quella della comunicazione, che in qualche modo rappresenta la “voce” dell’azienda e che serve a instaurare un rapporto tra azienda e consumatori per raccogliere idee di fabbisogni di prodotti e servizi e dare loro risposte concrete che soddisfino tali bisogni.

Ora se io fossi stato il responsabile marketing (spesso è lui che affida la commissione dei lavori di comunicazione) del brand Patrizia Pepe, avrei licenziato all’istante l’agenzia che da ieri sera sta facendo parlare “male” il brand. Le motivazioni sono semplici: come può, una micro-funzione aziendale, quella della comunicazione che quindi porta la “voce” del brand, pregiudicare l’immagine dell’intera azienda e quindi anche delle altre funzioni, soprattutto se affidata a livello di gestione a un’agenzia esterna? Come possono, questi social media specialist giocare così facilmente con la reputazione di un’azienda importante? Ci rendiamo conto che la gestione dell’immagine e della reputazione di un brand è un’attività così delicata che se sbagli sono cavoli amari? Evidentemente no!
Oggi basta fare un corso, essere attivi sui social e diventi esperto di social media. Ma forse non è neanche colpa di chi gestisce i profili, ma dei loro datori di lavori, cioè i Pinco Pallino che stanno a capo delle grosse web agency (non di certo la mia :D), spesso 45enni con un passato da marketing manager in grosse aziende che, forti dei loro ricchi portafogli e dei loro agganci e conoscenze varie nel mondo del business internazionale, decidono di aprire queste new media agency, con la stessa velocità con cui riescono a chiudere dei contratti milionari di “social media marketing” o rappresentanza aziendale nei social, con appunto questi grandi brand. Sia chiaro, a loro interessa il bottino! Poi se accadono problemi, pazienza, faranno in modo di dimostrare, a chi gli ha commissionato il lavoro, che il loro approccio è giusto.

Ed è così che da ieri, nella blogosfera social italiana, qualcuno sta facendo parlare del brand Patrizia Pepe.


Voi lo conoscevate? Io no, probabilmente perché non sono donna, ma certo è che ora i miei neuroni assoceranno tale brand a “quelli della cattiva gestione social”. Ecco come, per me singolo utente, si è ora posizionato il brand Patrizia Pepe. Qualche altro social media markettaro specialist dice che, secondo lui, è sempre comunque buono il vecchio adagio da marketing tradizionale, ovvero, che se ne parli bene o male, purché se ne parli. Caro mio social media markettaro specialist, ti sbagli! Perché col web 2.0 i social media servono a costruire le tracce che serviranno poi dopo agli utenti per orientare il loro processo d’acquisto. E se cercando, sui motori di ricerca, l’utente non finisce sul solito sito aziendale o canali social aziendale dove si parla ovviamente bene del brand, ma vuole ottenere informazioni e pareri user generated, incappa in uno dei commenti di quanto accaduto ieri, non credo proprio che sarà propenso all’acquisto.

Eppure la storia insegna! I grandi brand internazionali, come Dell e Nestlè che per primi si sono aperti al marketing conversazionale e poi sono finiti con un piede nell’acqua, sanno benissimo che se si commettono degli sbagli, attivare poi un efficace piano di crisi management che riporti il tutto alla calma è più costoso di quanto si sarebbe ottenuto soltanto con una maggiore prudenza. In economia si chiama “costo opportunità”, il costo derivante dalla mancata scelta della migliore alternativa disponibile. E gli stessi brand sanno pure come diventa più virale un’informazione negativa lanciata nella rete, rispetto ad una positiva. Potrete capire dunque il perché poi riconquistarsi la fiducia degli utenti possa essere molto difficile.

Che fare in questi casi? Va risposto a tutti gli utenti, mandando male quelli che criticano un brand o questi ultimi vanno solo ignorati? Si ma poi, non dicono che il brand non risponde ai commenti degli utenti? Sono questi gli interrogativi che come treni ad alta velocità, percorrono i binari neuronali dei social media specialist. Quando ero piccolo c’era il Manuale delle Giovani Marmotte per risolvere dubbi e problemi, oggi invece, in questo campo si dovrebbe far riferimento al Cluetrain Manifesto, la lista di 95 tesi, successivamente rielaborate e scopiazzate da altri “guru”, che già nel 1999 ti diceva quello che è valido oggi. Essi, quelli si che erano dei veggenti!

In particolare ci sono delle tesi che voglio sottolineare, che reputo significative:

n. 27 Parlando con un linguaggio lontano, poco invitante, arrogante, le aziende tengono i mercati alla larga.

(vedi il caso di ieri)

n. 33 Imparare a parlare con voce umana non è un gioco di società. E non può essere improvvisato a un qualsiasi convegno solo per darsi un tono.

(vedi molti social media specialist)

n.64 Vogliamo accedere alle vostre informazioni, ai vostri progetti, alle vostre strategie, ai vostri migliori cervelli, alle vostre vere conoscenze. Non ci accontentiamo delle vostre brochures a 4 colori, né dei vostri siti Internet.

(vedi in generale, il social media marketing in Italia, limitato alla proposta di contest ovunque)

n. 68 Il linguaggio tronfio e gonfio con cui parlate in giro – nella stampa, ai congressi – cosa ha a che fare con noi?

(vedi ancora il caso di ieri).

n.72 Questo nuovo mercato ci piace molto di più. In effetti, lo stiamo creando noi.

(Cosi dovrebbe essere in teoria, cioè mercati creati dal basso, ma io vedo ancora, in Italia, mercati creati comunque dall’alto, che utilizzano i social, per veicolare al massimo promozioni non convenzionali, che poi dopo la prima volta diventano convenzionali).

Potrei continuare a lungo, perché ce ne sono alcune davvero significative e illuminanti e penso che questa lista andrebbe stampata e appesa ad ogni ufficio da leggere e rileggere ogni qual volta si sta pensando di scrivere un aggiornamento su una pagina facebook o twitter a nome di un’azienda. Se non avevate dubbi, ora lo sapete, il social media marketing è complesso, comporta forse più rischi associati rispetto a quelli che potrebbero derivare per le altre funzioni. Perché se fai flop con un nuovo prodotto puoi rimediare, se intacchi la reputazione è molto più difficile.

Co-founder dell'agenzia, laureato in Marketing e Comunicazione d'azienda. Professionista SEO e autore del libro "Content Marketing per Blog, Social e SEO". Da quindici anni, progetta strategie digitali orientate allo sviluppo di visibilità online. Come consulente SEO ha lavorato in prima persona a differenti progetti complessi in settori ad elevata competizione, costruendo da zero progetti da oltre 20 mila visitatori giornalieri. Segue costantemente tutti gli aggiornamenti algoritmici di Google, di cui scrive poi regolarmente le sue analisi su questo blog e si occupa di seguire siti web che perdono traffico organico individuando problematiche e fornendo strategie risolutive. E' speaker alle più importanti conferenze nazionali sulla SEO e web marketing (Convegno GT, Search Marketing Connect, SMXL, BeWizard, ecc.) oltre ad aver formato numerosi SEO di aziende ed agenzie in corsi di formazione super avanzati. Scrive di SEO anche sul blog ufficiale di SEMrush.

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29 risposte a “Problemi di gestione Social? Cacciamo i social cialtron specialist e rimettiamoci al Clutrain Manifesto”

  1. stefano ha detto:

    arrivo tardi…ma mi andava di commentarennce ne fossero di comunicatori come te Dario. Ma alla soglia di 15 anni in comunicazione posso dirti che io nei social media mi ci son buttato dopo aver studiato e con il mio bagaglio. Non per spillare quattrini ma perchu00e9 fare comunicazione comporta misurarsi con il mondo che cambia e in rete u00e8 cambiato tutto.Credo peru00f2 che dovresti ricordare (ma forse tu non lo puoi ricordare) che anche il monod ella grafica u00e8 stato invaso dai gemoetri che non torvavano un posto di lavoro e avendo un cmputer poi han detto, mi ci metto anch’io. Per non parlare dei copy o degli account. E i cari wedesigner? Quindi, hai ragione, ma in Italia u00e8 una guerra continua e questo grazie al caro imprenditore e anche al marketing manager (vogliamo parlare dei marketing manager in azienda che sfoggiano iphone e bmw?!) che scelgono quello che costa meno, alla faccia delle strategie che scriviamo.nIo credo che oggi chi u00e8 sui Social media ha un ruolo SOCIALE, quello di traghettare anche le aziende in rete (perchu00e8 i siti han fallito) formandole e plasmando la loro forma mentis.nnil commento di Suzi era molto azzeccato, i contenuti li hanno loro, sta a noi “donare” le nostre competenze con convinzione. I fallimenti fanno parte dell’esperienza. Tii contatteru00f2 di sicuro.

  2. Doing Web ha detto:

    […] 2) Web in Fermento […]

  3. […] si sa, opera poi delle scelte quando si tratta di superare una tempesta. Nel famigerato  “caso Patrizia Pepe“, che è nato in Rete ed in Rete l’azienda spera di chiuderlo in maniera definitiva e […]

  4. […] o di siglare una qualsivoglia unione. In questi giorni abbiamo ampiamente constatato quanto moda e lusso abbiano difficoltà a districarsi tra social media e popolo della rete. Al di là delle […]

  5. Gianluigi ha detto:

    Sono giu00e0 intervenuto piu00f9 volte su questo argomento in diversi blog e concordo con te nel dire che tutta questa storia non mi u00e8 piaciuta, perchu00e9 una cosa doverosa u00e8 difendere il proprio brand, un’altra u00e8 porsi allo stesso livello dei commentatori/utenti polemici piu00f9 beceri.nnMi piace peru00f2 cogliere anche un altro spunto, quello della difficoltu00e0 di rapporto tra azienda e esperti, che ho descritto qui: http://internetmanagerblog.com/2010/04/19/social-media-marketing-e-la-cultura-aziedale-alcune-considerazioni/nnNoto ancora oggi una forte dissonanza data dal reciproco essere saccenti e poco disposti al dialogo tra le parti (oltre che con i clienti).nSe all’arroganza di alcuni manager aggiungi i molti che poi si autoproclamano guru dopo un corso di un giorno e sono subito pronti a parlare di epic fail ad ogni angolo, beh la cosa non aiuta, non trovi?

  6. Gianluigi ha detto:

    Sono giu00e0 intervenuto piu00f9 volte su questo argomento in diversi blog e concordo con te nel dire che tutta questa storia non mi u00e8 piaciuta, perchu00e9 una cosa doverosa u00e8 difendere il proprio brand, un’altra u00e8 porsi allo stesso livello dei commentatori/utenti polemici piu00f9 beceri.nnMi piace peru00f2 cogliere anche un altro spunto, quello della difficoltu00e0 di rapporto tra azienda e esperti, che ho descritto qui: http://internetmanagerblog.com/2010/04/19/social-media-marketing-e-la-cultura-aziedale-alcune-considerazioni/nnNoto ancora oggi una forte dissonanza data dal reciproco essere saccenti e poco disposti al dialogo tra le parti (oltre che con i clienti).nSe all’arroganza di alcuni manager aggiungi i molti che poi si autoproclamano guru dopo un corso di un giorno e sono subito pronti a parlare di epic fail ad ogni angolo, beh la cosa non aiuta, non trovi?

  7. Nancy ha detto:

    Ho letto il tuo bellissimo articolo. Di social media marketing ci capisco ancora poco, ma tanto quanto basta per essere convinta sempre piu00f9 di una cosa: il marketing in generale u00e8 una “disciplina” o meglio una “filosofia aziendale” e campagne web, tv, social, stampa etc… sono degli strumenti, dei mezzi attraverso i quali il “marketing” puu00f2 completare l’implementazione della sua strategia per raggiungere i suoi obiettivi. Indi per cui, concordo con il tuo pensiero ad eccezion fatta del licenziamento.. ecco … u00e8 il responsabile marketing… a dover essere licenziato… se ce n’u00e8 uno. L’agenzia esegue, non sostituisce, affianca e non decide. Voglio sperare…nAd ogni modo mi auguro di non dovermi mai trovare in una situazione del genere!

    • Dario Ciracu00ec ha detto:

      Ciao Nancy,ngrazie dei complimenti. Mi rendo conto che il post suona un po’ con un tono accusatorio, ma c’u00e8 tanta tanta confusione. Studio il smm dal 2008, quando in italia ancora non se ne parlava, ma volendo ridurre le tempistiche, anche fino a poco piu00f9 di un anno fa, erano pochissime le persone che si occupavano di smm. Ora vedi ovunque social media specialist 😀 Allora mi dico, almeno aspettassero un po’ di anni e di esperienza prima di appiccicarsi tale titolo, dato che poi, come vediamo, combinano un po’ di casini

  8. The Style Brunch ha detto:

    L’Italia anche sul piano SMM non ne esce granchu00e8 bene ultimamente. Vi sia di conforto sapere che di recente ho osservato il comportamento altrettanto “unsocial” (su Twitter) di alcuni marchi europei ed americani in ambito fashion ed interior design tale da mettere in fuga numerosi follower. I “fondamentali” del Marketing valgono sempre, il Cluetrain u00e8 un evergreen, perchu00e8 non promuovere all’interno delle aziende una bella ripassatina generale?

  9. suzi jenkins ha detto:

    Sono io. Mi hai descritto in pieno! 45enne, passato da marketing manager in aziende medie/grosse, social media specialist, lavoro per un’agenzia esterna … ma dai, cialtron no!nnDico velocemente che mi u00e9 piaciuto molto l’articolo, sia come contenuti sia come modo di scrivere. Contesto solo il fatto che forse ritieni che tutte le agenzie social media specialist sono come dici te.nnNoi “affianchiamo” le aziende nel loro debut nel mondo social media. Facciamo percorsi di formazione nei vari strumenti per poter rendere partecipe l’azienda nell’attivitu00e0 – perchu00e8 loro HANNO I CONTENUTI RICCHI, BELLI, PERTINENTI, non noi. Noi magari sapiamo scriverli meglio, postarli al momento giusto, scegliere il veicolo adatto, stare dietro agli aggiornamenti continui. Si lavora benissimo quando abbiamo un rapporto da vicino con il cliente, che ci sentiamo anche 3 volte al giorno, quando loro usano gli strumenti che gli diamo, che loro sono disposti ad imparare, scoprire, partecipare. Lavoriamo malissimo dove il cliente crede che puu00f2 “affidare” la gestione dei tools social media a noi. nnNoi siamo il personal trainer, ma il sudore, la fatica e l’impegno ci deve mettere il cliente.

    • Dario Ciracu00ec ha detto:

      Ciao Suzi,nsia chiaro, io non sto accusando tutti gli operatori del settore. Ci mancherebbe! C’u00e8 gente che svolge egregiamente il proprio lavoro e ne vado fiero, peru00f2 credo anche tu ammetterai che c’u00e8 tanta fuffa e falsitu00e0 in giro, molto spesso nascono agenzie sull’onda di quanto appreso sui vari blog, un copia-incolla diciamo 😉

  10. Carlo ha detto:

    Hanno anche un profilo falso….nhttp://www.facebook.com/patriziapepe#!/ppepe

  11. SQcuola di Blog ha detto:

    Gran bell’articolo, la conclusione poi la sposo in pieno. Penso il Cluetrain dovrebbe esser il punto di partenza per chiunque si avvicina a questi strumenti. Dovrebbero ormai insegnarla a scuola ;-)nC’u00e8 in effetti un gap generazionale molto ampio tra chi sta crescendo con questi strumenti, e chi sta trasformando una professionalitu00e0 markettara di vecchio stampo in questi ambiti social… u00e8 abbastanza comprensibile, una cosa u00e8 nascere con determinate regole e cultura, un’altra u00e8 doversi formattare e ripartire con umiltu00e0 (soprattutto se sei “inserito” tra contratti e clienti importanti). Forse molta della colpa va a quei dirigenti che si lasciano abbindolare dai nomi piuttosto che dai risultati… fossero loro stessi valutati sui risultati non succederebbe.nPoi dagli States emerge con chiarezza che fare Social Media in outsourcing, per quanto riguarda i contenuti, puu00f2 essere pericoloso; molto meglio formare le risorse interne, risultano piu00f9 credibili, appassionate e vere nelle comunicazioni social.nComunque la direttrice Marketing di una azienda con cui lavoro, in un intervento a Modena qualche giorno fa ha detto una cosa verissima:nPer le aziende entrare nei social media u00e8 un must, ma attenzione che entrare in questi ambiti sociali u00e8 come mettersi in bikini… quello che c’u00e8, c’u00e8… non puoi mascherare al lungo e far parlare altri per vostro conto non paga mai a lungo termine” nQuindi la vera speranza (e anche qualcosa di piu00f9) u00e8 che le aziende capiscano che si devono veramente mettere in gioco piuttosto che pagare soldi a dementi per sistemarsi la coscienza. Noi possiamo solo continuare a parlarne sperando che emergano e si impongano attraverso visibilitu00e0, storie di successo e potere del network, le nuove leve “illuminate” dal basso (come Web in Fermento sicuramente) che possano veramente imporre il cluetrain come regola fondante.nBravo DarionGeom Alfieri

  12. Davide ha detto:

    Ciao Dario,ndevo farti i complimenti perchu00e8 u00e8 la prima volta che leggo un articolo sulla vicenda PP che sia stato scritto da qualcuno che veramente ha studiato economia/marketing.nnPurtroppo la rete u00e8 piena di questi personaggi che non hanno mai visto un manuale di marketing e si ritengono esperti solo perchu00e8 hanno pagato 500u20ac per fare un corso dove ci sono relatori che ti regalano le loro perle di saggezza frutto di chissu00e0 quali studi e test.nnnGli espertoni di Facebook dicono che TUTTE le aziende in un modo o nell’altro possono usare facebook e ti vendono guide da 500-1000 con la soluzione adatta a tutti.nE’ come se si vendesse un preparato adatto sia per fare la pasta, sia per il minestrone, sia per la carne ecc…nnSi gioca con il brand come fosse un sito web, ma il sito web si puo’ cambiare, il brand si cambia solo con un fallimento.nnnnnn

  13. Marco Ziero ha detto:

    Una domanda di approfondimento (solo perchu00e9 non ho seguito da vicino la vicenda): “dietro” a Patrizia Pepe, in termini di social media marketing, c’u00e8 un’agenzia esterna? Dal tuo post mi sembra di intuire questo scenario; u00e8 stato confermato?nGrazie. 🙂

    • Dario Ciracu00ec ha detto:

      In realtu00e0 non u00e8 confermata, u00e8 una mia opinione. Anche perchu00e8 spesso le aziende non sanno come vanno gestiti i social e si rivolgono alle agenzie. Sono piu00f9 contento se poi u00e8 l’azienda stessa, in modo da assurmene tutti i rischi e pericoli connessi

  14. Raffaele conte ha detto:

    Bel post anche se un po incazzato :-)nSecondo me… e ne sono quasi sicuro il tutto u00e8 stato pilotato!nSecondo il divino Giulio “Basta che se ne parli”, infattti con il passare del tempo le risposte si fanno ancora piu00f9 arroganti…nPurtroppo noi facciamo parte del gioco ne parliamo e loro aumento il numero dei fan… u00e8 una strategia non nuova anzi

  15. Daniele Benigni ha detto:

    Ciao Dario,ncome sempre complimenti per i tuoi post. Non voglio assolutamente aggiungere altro a quello che hai perfettamente citato nel tuo post. nVoglio solo esprimere una mia considerazione da piccolo social media specialist non “markettaro”. Anche io professionalmente mi occupo di creare “contenuti di valore” per alcuni blog aziendali e della gestione della comunicazione social per conto terzi. Mi considero come te un appassionato di Social Media piu00f9 che un esperto. Il mondo “social” u00e8 talmente in evoluzione che ogni giorno u00e8 un continuo rinnovamento professionale, una scoperta dietro l’altra che nessuno puu00f2 ritenersi un esperto del settore.nSono a disposizione per la creazione di un club per cacciare i social cialtron specialist e rimettiamoci tutti insieme .al Clutrain Manifesto. 😀 ( abuso anche io troppo spesso delle faccine, potrebbe essere un altro punto del Manifesto).n

    • Dario Ciracu00ec ha detto:

      Ma infatti io non sono un social media specialist. Preferisco considerarmi un appassionato o un cultore. Se mi arriva un lavoro di SEO lo faccio se me ne arriva uno di social media marketing lo faccio, ma sapendo che li c’u00e8 una cosa in piu00f9 in ballo, la reputazione. Io ho solo gestito piccoli brand, e giu00e0 stavo attento a cosa e come dovevo comunicare. Un grand brand con un alta visiblitu00e0 dovrebbe quantomeno assumere un atteggiamente piu00f9 coscienzioso.

  16. Enzo Santagata ha detto:

    Nel caso specifico di ieri, sono abbastanza convinto che non ci sia un’agenzia dietro, ma un membro influente interno all’azienda (qualcosa come New media director, o cose simili).nnPiu00f9 in generale voglio ricollegare quello che hai appena detto al post di jose di ieri sera. I social media sono anche uno strumento di comunicazione aziendale a quanto pare, e la comunicazione u00e8 la funzione aziendale che porta all’esterno la brand identity che possiamo semplificare come “quello che la marca vuole essere”. Il “come” si comunica, influenza la brand image ovvero “come la marca viene percepita dai suoi consumatori”. Ovviamente l’obiettivo della comunicazione u00e8 fare in modo che l’identity e l’image coincidano il piu00f9 possibile.nnQuesto preambolo u00e8 necessario perchu00e9 Patrizia Pepe non u00e8 Save The Children. Patrizia Pepe lavora nella moda, mondo notoriamente aggressivo e battagliero. L’abbigliamento Patrizia Pepe non u00e8 adatto alla casalinga ma ha una sua identitu00e0 ben precisa: donna in carriera, sensuale, spregiudicata, intraprendente, dominante. Perchu00e9 il brand Patrizia Pepe dovrebbe fingere di essere diverso dalla sua identitu00e0?

    • Fra Astolfi ha detto:

      Perchu00e8 spregiudicata non significa stronza. Perchu00e8 sensuale non significa maleducata. Perchu00e8 sul web non parli quasi mai solo al tuo cliente ideale. nBel post Dario.

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