Perché è necessario tutelare l’influencer (quello vero!)
Per gli addetti ai lavori o chi è appassionato di tecnologia, innovazione e internet, la parola influencer suonerà familiare. Se siete su Twitter, leggete i blog di social&tech la parola influencer vi risulterà così ricorrente quasi al punto da annoiarvi. Per quel che mi riguarda, la parola influencer è diventata nel web quella più inflazionata, dopo startup.
Oggi vi parlerò dell’influencer, oggetto di dibattito in questi giorni anche in altri blog. Se ne è parlato recentemente qui, qui e qui proprio a dimostrazione del fatto che l’influencer è quasi un “oggetto ambito” da inserire nelle proprie strategie di web marketing. Trova l’influencer della tua nicchia e troverai il tesoro. Un po’ come nella serie di Indiana Jones si inseguiva il Santo Graal. Ma chi è davvero l’influencer e perché dobbiamo distinguere quello vero dal cialtrone?
Chi è il vero influencer?
Credo che tutto nasca dal settore di riferimento. Un soggetto diventa influente perché è esperto in quello che fa, ha dei meriti che gli vengono riconosciuti e soprattutto esperienza nel proprio settore. Esperienza che gli ha permesso di raggiungere risultati di un certo spessore che gli hanno permesso di vedere il proprio nome trasformarsi in brand e posizionarsi al di sopra di tutti gli altri nomi presenti nel proprio settore. Una volta raggiunta quindi l’influenza (intesa appunto come riconoscimento di meriti ma soprattutto consapevolezza del nome), l’influencer diventa un opinion leader.
Cosa significa? Che se interrogato su un tema che ha a che fare con il proprio settore, le sue risposte possono influenzare le opinioni dei soggetti che influenti non sono (che poi in genere ricoprono il 90% dell’audience di ogni nicchia di mercato). Nel web marketing l’influencer è diventato importante perché, effettivamente è un soggetto in grado di influenzare le decisioni d’acquisto altrui.
La cosa dell’influencer tra l’altro non è storia recente ma è sempre esistita: pensiamo a quando, nelle campagne elettorali locali, porti il leader nazionale del partito a promuovere i candidati locali, oppure a quando negli eventi musicali locali ci porti l’artista noto a livello nazionale che consiglia l’acquisto dell’ultimo cd della band locale e ce ne sarebbero tantissimi altri di esempi da fare.
Nel web marketing obiettivo di ogni attività dovrebbe essere quella di ambire a diventare un influencer della propria nicchia, cosa spesso molto difficile e a volte impossibile se non ci si dedica anima, corpo e passione a quello che si fa.
L’alternativa è quella di farsi quantomeno notare dall’influencer della propria nicchia. Nel mio ultimo corso di Social Media Marketing dicevo che i piccoli business (che influenti non lo nascono, contrariamente magari ai grossi brand) potrebbero accelerare il loro posizionamento di mercato favorito dai social, costruendo un piano di content marketing&relations per gli influenti prima, piuttosto che per gli utenti della loro nicchia.
Perché se ottieni le “simpatie” dell’influente, riuscendo a finire tra i contenuti da lui condivisi, ti esponi ad una platea molto più vasta di quella che potresti sviluppare giorno dopo giorno, ma molto più lentamente. L’influente quindi esiste, serve perché orienta opinioni e scelte d’acquisto altrui e serve riuscire a raggiungerlo con quanto produciamo in rete e non, perché alla fine conta molto soprattutto quello che vendiamo.
Chi è il falso Influencer?
Riconoscerli è semplice. Basta farvi un giro su Twitter e ne riconoscerete tanti. Generalmente è gente che passa tre quarti (o più) della giornata a twittare e stringere relazioni con utenti spesso su cose banali. Si vantano dei followers che hanno e le parole che sentiterete uscire dai loro tweet sono spesso “influencers, Klout, TweetGrader, ecc.”.
Mi chiedo spesso come facciano a lavorare, o meglio, come facciano a farsi pagare per il lavoro che (non) fanno, ma un’indagine mi è impossibile. Il falso influencer, contrariamente a quello vero, non sarebbe in grado di influenzare le opinioni altrui o, nel marketing, le scelte d’acquisto altrui. Questo perché non ha sviluppato un expertise nella propria nicchia (d’altronde se è sempre su Twitter come fa a raggiungere risultati ragguardevoli?).
È gente che magari ha anche acquistato followers solo per poi vantarsi di essere un influencer e che magari riceve 200 retweet solo per aver scritto “mangio pasta e fagioli”. Questo è l’influencer che non interessa al web marketing, che non interessa all’azienda che vuole posizionarsi e che non interessa neanche all’utente su Twitter.
Come distinguerli? Be un modo c’è, il caro Google ci viene in aiuto quasi sempre 🙂 Una buona ricerca evidenzierà diversi risultati restituiti e uno storico di vita vissuta ed esperienza del soggetto in questione, oltre soprattutto, al fatto di essere un esponente riconosciuto anche nell’offline. Quindi mi raccomando, occhio ai veri influencer e non agli “influenZer” 😉
Un influencers non dovrebbe spaventarsi per i “finti” influencers, con il tempo poi si scopre la vera natura dei soggetti 😉
Purtroppo il web soffre di falsi miti, ma sembra che, dopo un periodo iniziale, nella quasi totalità dei post che ho letto si voglia a qualunque costo portare il termine a una connotazione negativa. Il motivo potrebbe trovarsi banalmente in chi comincia a citare nome per nome quelli che presumibilmente lo siano, e tutti quelli fuori, cominciano a sparlarne. Ma è solo un’idea.
è proprio diventata una “caccia alle streghe 2.0” questa degli #influencer
Mi permetto di segnalarvi il punto di vista, scritto giorni fa qui http://www.davidelicordari.com/di-bloggers-e-influencers/ 🙂
motivo per cui…non posso che essere d’accordo con te, Dario!