Lo stato dell’Inbound Marketing per il 2017
Oggi è ormai chiaro che investire in Inbound Marketing è l’unica strategia che può portare ad un successo duraturo e consolidato nel tempo. L’adozione di mezzi che permettono di vestire il brand di concetti come ricercabilità, esperienza, conoscenza, creatività e qualità (del prodotto e del contenuto) rappresentano le àncore di salvezza nel mare dell’online marketing, ormai pieno di squali.
In particolare è il lavoro che si può fare con i contenuti – in qualsiasi formato essi siano – che garantisce la qualità dell’intera strategia ed il punto di partenza per ottenere l’attenzione dell’utente.
Non è un caso che la strategia dell’Inbound resti salda nei pensieri dei marketer d’azienda e, nel tempo, non mostra cenni di decrescita o riduzione dell’efficacia. La motivazione è abbastanza semplice e spesso viene rimarcata: fornire al consumatore l’utilità che cerca, nel momento in cui ne ha bisogno, fa nascere un legame invisibile con l’azienda.
Il soddisfacimento di una richiesta (gratuitamente), poi, genera una naturale esposizione del brand che, se coltivata nel tempo, genera affezione. Questo è molto più naturale del classico interruption di un messaggio “promo”.
Non c’è da meravigliarsi, dunque, se è proprio l’Inbound Marketing che è oggetto di analisi anno dopo anno, confermando che non è una moda passeggera, ma rappresenta una strategia consolidata. Hubspot promuove, anche quest’anno, il suo “State of Inbound”, un’analisi approfondita su come si sono modificate le intenzioni dei marketer nell’ultimo triennio riguardo questa strategia, associate ad alcune proiezioni sulle future decisioni aziendali, dubbi e perplessità sui futuri investimenti e sui canali a cui ci si affiderà.
I risultati prodotti provengono dall’enorme bacino di utenza di Hubspot composto da più di 6000 partecipanti in 141 paesi, ciascuno dei quali occupa settori industriali abbastanza differenti (marketing, salute, media, software, ecc..). Vediamo i punti più salienti.
Osservando i dati, la prima riflessione che mi sorge spontanea fare è che ogni azione di Inbound porta lead di maggiore qualità. É emerso che tra i tre ambiti di azione aziendale Sales, Outbound ed Inbound, quest’ultimo risulta esser la strategia che incanala un numero maggiore di nuovi contatti, ma di qualità.
Vuol dire che ogni azione di Inbound porta, nel 59% dei casi, un popolamento nel database contatti di un numero sostanziale di utenti che presto si trasformeranno in clienti.
Questa informazione sulla qualità dei lead motiva un’altro dato dell’indagine, quello che riguarda il ROI. Come stabilito dai risultati, il ROI derivato da azioni di Inbound è di molto superiore rispetto alle vecchie strategie di Outbound.
Questo dato è più che motivabile. Se un utente ricerca un prodotto e trova un’azienda che è in grado di soddisfare le sue richieste (informative e di acquisto), ogni investimento per l’azienda nella costruzione di questo lead avrà più probabilità di tradursi in un successo, quindi in un ritorno.
Per cui azioni “pull” permettono di massimizzare l’efficacia dell’azione promozionale che si ripercuote in un miglioramento dell’investimento.
Indice dei contenuti
Le priorità aziendali
Certo per arrivare ad ottenere lead e ROI come quelli presentati, sicuramente l’impegno profuso deve esser commisurato.
Alla domanda “quali sono le principali priorità nelle strategie di Inbound?” gli intervistati hanno risposto che gli sforzi maggiori sono orientati, innanzitutto, ad un miglioramento della presenza organica nei motori di ricerca, nel 61% dei casi, seguito da creazione di contenuti per i blog (53%) e una migliore distribuzione di questi ultimi (47%).
Come vediamo sono tutte azioni che richiedono un grande impegno, costante e quotidiano, ma che garantiscono un più elevato margine di successo.
Notiamo però che si stanno facendo spazio nuovi strumenti di azione, quelli legati agli automatismi (si osservi la quarta posizione). Probabilmente nelle aziende si sta procedendo con un’analisi della fattibilità di adozione di sistemi legati all’intelligenza artificiale come i bot, per facilitare le interazioni anche quando l’azienda non è “online”.
Sfide e difficoltà di marketing per il prossimo anno
L’esigenza di agire in modo Inbound si scontra, però, con quelli che però sono gli obiettivi del marketing, principalmente orientati al confermare il successo di ogni azione intrapresa.
Le aziende coinvolte si sono espresse mettendo in evidenza come le sfide marketing più importanti da raggiungere sono generare traffico e leads, primo passo per farsi conoscere, seguito dall’ottenere dei riscontri sulle attività svolte (ROI) ed assicurarsi una buona fetta di budget per le successive azioni di marketing.
Si riscontra, però, una elevata consapevolezza delle difficoltà che dovranno esser affrontate per i prossimi due anni.
La problematica più impellente è il problema di ottenere delle risposte da parte dei prospect, o chiudere degli affari. Spiccano anche un po’ di incertezza nel riuscire a identificare la giusta utenza a cui mirare il messaggio.
Le tattiche più sopravvalutate
Interessante è anche la visione verso le tattiche di marketing più sopravvalutate.
Concordemente con quanto penso io, troviamo al primo posto il “paid advertising” ossia la pubblicità tradizionale, a partire dalla cartellonistica fino ad arrivare alle brochure. Non c’è ROI, non c’è un modo per quantificare i ritorni eppure continuano ad esser gettonate, soprattutto nel nostro paese, ma sono classificate come “sopravvalutate” dai marketer (ben detto!).
Secondo posto per le azioni Social organiche, difficili da sostenere anche con uno sforzo importante, ed in terza posizione troviamo l’Online Paid Advertising che funziona alla grande per azioni mirate, per un breve periodo, ma a lungo andare diventano una dipendenza dato che bisognerà massimizzare l’investimento per migliorarne il successo.
I Social come canali di distribuzione
Infine, è interessante osservare quali saranno i canali sui quali si cercherà di concentrare i propri sforzi nel corso di quest’anno, con un banchmark con quello precedente. Come si evince dalla lettura dei risultati, sembra che i video continueranno ad esser una priorità per le aziende.
YouTube in particolare registra una percentuale del tutto coerente con le previsioni fatte nel 2016, è al primo posto! Segue Facebook Video che conferma la volontà e la consapevolezza di sfruttare il formato per ottenere maggiore visibilità su questi canali, dettata soprattutto dal nuovo andamento dei video nativi su Facebook.
Alla terza posizione troviamo Instagram, il cui livello di adozione è in aumento di quattro punti percentuale rispetto al 2016. Un lieve calo invece per Snapchat, forse anche per l’introduzione delle Stories su Facebook.
Vi lascio al report completo.
Buongiorno, grazie della guida in italiano, io ho letto un po l’altro giorno e non sono riuscita a finirla da Hubspot. L’inbound per me è stato il mio primo approccio con il marketng online quando provavo a far vendere i miei prodotti, andata bene per un periodo, solo che dopo ho cambiato lavoro, e sono molto contenta,sono appassionata e quando spiego a qualcuno che cos’e? Ancora fa fatica a capirlo, vedo anche che ultimamente ha subito trasformazioni, come content marketing, social media marketing, SEO analytics e quant’altro. Invece l’inbound è tutto insieme. Spero di continuare ad sviluppare questa mia passione, grazie per gli articoli li leggo, sempre.
a presto,