L’importanza di una call-to-action efficace per favorire la conversione di un utente
La creazione di etichette efficaci alla navigazione, rientra in quelle attività sottovalutate durante il processo di realizzazione di un sito web, soprattutto perché viene relegata alla semplice azione di “etichettatura” di un pulsante o oggetto, diventando di fatto secondaria rispetto alla progettazione di componenti del sito ritenute più importanti.
Dal punto di vista dell’utente però, questa “etichettatura” di oggetti, diventa di fondamentale importanza, in quanto è proprio essa che permette all’utente di partecipare all’attività del sito, constatarne la funzionalità e comprendere come esso è strutturato, permettendogli di diventare a tutti gli effetti protagonista.
Tra le attività di etichettatura ne esiste una che riguarda le cosiddette “call-to-action” letteralmente “invito ad agire”. Cosa vuol dire? La call to action, possiamo descriverla come un oggetto (pulsante, link o genericamente una componente interattiva) attraverso il quale l’utente è “chiamato” a svolgere un’azione che può essere un acquisto, un’iscrizione a una newsletter o un invito ad approfondire la navigazione. Essa trova vantaggi dal punto di vista dell’azienda che le utilizza, in quanto diventa uno dei mezzi per ottenere una conversione di una semplice azione dell’utente, come quella di un click, in un ricavo per l’azienda.
Ma alla base di questa azione semplice (e alle volte spontanea) del cliccare un pulsante, c’è dietro uno studio di progettazione su come un pulsante deve essere costruito per riuscire ad essere efficace e indurre, alle volte inconsapevolmente, l’utente a un azione mirata ai nostri scopi.
Come si può realizzare una “buona etichetta”?
L’utente, quando decide di visitare un sito, il più delle volte, sa già di cosa ha bisogno o cosa sta cercando. Una volta giunti nella pagina, lo scopo per lui non è quello di chiedersi cosa succede se cliccherà su un determinato pulsante, quindi l’obiettivo deve essere tutto chiaro “a prima vista”.
Per favorire questo tipo di comunicazione, si può agire su due fronti: usando tecniche di linguaggio e psicologiche, sfruttando l’eye-tracking, e la teoria dei colori.
Ma analizziamo questi aspetti nel dettaglio, in modo da capire meglio.
1. Io parlo solo il linguaggio dell’utente
Il primo aspetto che va curato è la chiarezza nel linguaggio. Delle etichette efficaci non permettono all’utente di domandarsi: “e adesso cosa faccio?”. Se il visitatore del sito, clicca su links che lo indirizzano verso un percorso sbagliato a causa di una etichetta non chiara, non incontrando di fatto il suo interesse, potrebbe perdersi nella navigazione e quindi abbandonare il sito (alle volte anche arrabbiato! :D).
Le buone etichette instillano confidenzialità nell’utente durante la navigazione e soprattutto evitano la frustrazione di cercare invano qualcosa che si pensava di ritrovare nel sito. Prima di tutto quindi bisogna parlare con la lingua dell’utente, evitare termini complessi e preferite i verbi nelle etichette. Insomma in una frase: parlate in modo semplice e diretto!
Confrontiamo, a titolo di esempio, la seguente tabella per capire come cambiano i punti di vista, se a parlare è un’azienda rispetto a un utente.
Sottigliezze culturali possono essere una causa limitante per la prosecuzione di un’interazione.
2.Il potere della persuasione!
La componente fondamentale che caratterizza una call-to-action è certamente la persuasione intesa, non come un modo per forzare l’utente a compiere azioni (o meglio non farglielo capire anche se è quello che vogliamo ottenere), ma a plasmare in lui un senso di credibilità verso di voi, che lo predisporrà positivamente verso la vostra azienda. Persuadere l’utente a interagire, non significa ingannarlo con chi sa quali stratagemmi psicologici, ma descrive un modo per incoraggiarlo a intraprendere determinate azioni o come creare in lui delle possibilità di scelta.
Di solito, si applica la persuasione per motivare gli utenti a visitare dei contenuti interessanti. A tal proposito due studiosi, Brian e Jeffrey Eisenberg, che studiano la persuasione come mezzo di engagement principalmente rilegato alla call-to-action, affermano a proposito:
“Ogni click, rappresenta una domanda che il tuo cliente ti sta facendo. Rappresenta la volontà di restare connesso con te. Rappresenta l’unico punto di conversione. Rappresenta uno slancio di persuasività.”
“Se il tuo cliente non clicca, la comunicazione cessa e il momento persuasivo evapora. Se non è possibile aiutare le persone a ottenere informazioni che rispondano alle loro domande, perché dovrebbero preoccuparsi di fare affari con te?”
Questo vuol dire che una call-to-action deve rappresentare un “imperativo” per il visitatore, che gli permette di dialogale con voi. Iscriviti ora, Scarica adesso o Ricevi lo sconto sono solo alcuni degli accoppiamenti più efficaci e diffusi. Cosa hanno in comune queste frasi? Hanno in comune l’utilizzo di un verbo, l’imperativo.
L’imperativo, grammaticalmente descrive proprio una forma di invito, e verso l’utente questo si traduce nell’attuazione di un comportamento, indirizzato, consigliato o semplicemente esortato. Utilizzando l’imperativo, in più, stimoliamo quello che è il nostro istinto primordiale: la curiosità di scoprire. Termini mirati, persuasivi, e una forte componente di scoperta, creano una evidente necessità, che porterà l’utente a cliccare sul link e ad ottenere la conversione da utente generico a potenziale cliente.
Osserviamo a titolo di esempio questo screenshot di Skype, l’idea che sia possibile risparmiare qualcosa per effettuare le nostre chiamate attira già la nostra attenzione, ma associata al “Risparmia subito” ci comunica che l’azione porterà a un vantaggio subito, nell’istante in cui si clicca. L’azione di interazione, in questo caso diventa quasi immediata e spontanea.
A queste componenti prettamente connesse ai contenuti, va affiancata anche una componente stilistica, che serve principalmente ad aiutare l’utente a individuare dove l’azione è richiesta.
3. Tutta questione di colori!
Mai sottovalutare il potere dei colori. Quanti di noi hanno un proprio colore preferito. E quanti sono in grado di assegnare un oggetto o meglio (in questo caso) una sensazione, a un colore.
La teoria dei colori insegna molto, come essi comunicano inconsciamente con noi e come riescono alle volte anche ad attirare la nostra attenzione più di mille parole.
Nella call-to-action, il colore diventa rilevante quanto un testo.
Nella scelta del design degli elementi, vanno valutati molto bene i colori in quanto hanno il compito fondamentale di creare enfasi sul pulsante e quindi di intercettare l’attenzione dell’utente.
Un utente che arriva sul sito, dovrebbe essere subito (nei primi secondi di navigazione) in grado di riconoscere l’invito all’azione.
Colori molto accesi sembrano avere un effetto migliore sull’attenzione degli utenti e nel comunicare che proprio dove c’è un colore differente rispetto allo stile del sito, c’è un’interazione. Questo diventa ancora più importante su siti che contengono molte informazioni (come ad esempio un e-commerce).
Da non sottovalutare che comunque questi colori vanno scelti con criterio, valutando il contrasto che c’è con gli sfondi sul quale verranno posizionati, in modo che facciano risaltare il pulsante rispetto al resto.
Osserviamo ad esempio come Twitter invita gli utenti ad accedere al sito. Il pulsante preposto all’azione ha un colore assolutamente diverso rispetto a tutto il contesto di design della pagina caratterizzato dalle tonalità dell’azzurro. L’arancio del pulsante lo troviamo solo sulla call-to-action.
4. ..di dimensioni!
Una call-to-action efficace deve essere sempre visibile agli occhi dell’utente, come già detto. Ma per raggiungere lo scopo di portare l’utente all’azione, bisogna anche dare un peso alla grandezza del pulsante. Ed ecco che diventa importante progettare pulsanti che abbiamo dimensioni superiori, e quindi distintive, rispetto agli altri elementi di interazione (ad esempio il menu) realizzati nel design del sito.
Gli oggetti che hanno dimensioni molto grandi, per le caratteristiche visive dell’occhio umano, attirano maggiormente l’attenzione, quindi più grande è il pulsante (grande rispetto agli altri oggetti del design) maggiore è la probabilità che l’attenzione si soffermi in quel punto. In più la distinzione di esso rispetto a tutti gli oggetti del sito, stimolerà la curiosità dell’utente spingendolo all’azione.
La pagina di Mozilla Firefox rende appieno quest’idea di grandezza. Il pulsante diventa dominante rispetto a tutto il resto del sito, la sua dimensione è cosi grande che tralasciarlo alla vista è impossibile. Addirittura risulta più grande del logo che campeggia in alto, e il logo del browser è del tutto omesso nell’header e inserito direttamente nel pulsante.
5. ..e di posizioni!
Colore, dimensione e componenti del linguaggio sono il punto focale sul quale concentrarci per produrre una costruzione di una call-to-action valida. Ma, se l’oggetto non è posizionato nel modo giusto, allora è possibile che non si raggiunga il vostro obiettivo, indipendentemente dal fatto che gli altri elementi stanno lavorando, tra loro in modo ottimale.
Mentre colore dimensione e linguaggio sono prettamente legate al design del pulsante stesso, il posizionamento prescinde da essi.
Una call-to-action dovrebbe apparire sopra qualsiasi oggetto, in una porzione di pagina accessibile a tutti (home page o landing page) e che non necessiti di uno scroll verticale. Quindi deve esser posizionata in un punto favorevole all’utente, dove esso la possa subito rintracciare. Ad esempio, un utente non deve (per forza) leggersi un interno testo descrittivo, prima di poter arrivare a compiere un’azione di acquisto, che trova posizione alla fine della pagina . E’ fondamentale che una volta che l’utente è atterrato su una pagina, la prima cosa che osservi sia il pulsante che invita all’acquisto del prodotto, con una descrizione che magari è posizionata alla stessa altezza del pulsante (corredata anche da un link di approfondimento se ha necessità di ulteriori dettagli).
In sintesi, ogni call-to-action deve esser posizionata nella prima schermata di accesso al sito (o pagina).
Osserviamo il sito di WordPress. Qui il pulsante è posizionato nella sezione subito sotto l’header. E’ istantaneamente visibile, appena si entra nella pagina. Ciò che ho descritto prima, qui trova conferma, il pulsante parla più di qualsiasi testo, la possibilità di approfondimento è data da un link sulla sinistra posizionato a parte, che se necessario può essere esplorato.
Qui inoltre si nota che la call-to-action è racchiusa in una sua div di colore giallino, usato solo per quella sezione, donandogli ancora più importanza.
In conclusione, quando si deve progettare un’interazione basata su call-to-action efficace, per favorire le vendite, bisogna pianificare una strategia che tenga in conto di tutte le componenti descritte al fine di ottenere un equilibrio tra esigenze e caratteristiche dell’utente, il design della pagina stessa e gli obiettivi aziendali che si vogliono perseguire.
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ciao. bello il blog, ma non trovo RSS… come averlo?
Ciao Andrea,sono contenta che Web in Fermento ti piaccia! :)Gli Rss li trovi a questo indirizzo: http://feeds.feedburner.com/WebInFermentoIn ogni caso c’u00e8 l’iconcina in alto a destra ;)A presto. Continua a seguirci!! ..e buona lettura!!