Social Media Marketing

La sottile utilità dell’Epic Fail: 5 lezioni da imparare

Quando ancora i Social non esistevano, l’Epic Fail non esisteva e, quando capitava che si gridasse allo “SCANDALO!”, l’azienda se ne curava sì, ma come se fosse un piccolo imprevisto. Molto spesso noi clienti finali non ne venivamo mai a conoscenza se non per passaparola, alle volte distorto, altre volte mediato dalle testate giornalistiche che sceglievano di pubblicare la notizia.

Il passo falso delle aziende era molto più facile da arginare soprattutto perché il digitale non rendeva indelebili le informazioni, le vicende e il negativo che poteva emergere da un’azienda.

Con l’avvento dei Social tutto questo è cambiato. Viviamo in una nuova era in cui le aziende sono davvero schedate e, per quanto libere di agire e comunicare, hanno costantemente posizionata sopra la propria testa una spada di Damocle pronta a far danni.

Da dove nasce l’Epic Fail?

Essenzialmente la miccia si innesca da un incontro/scontro tra mancanza di tatto, creatività sbagliata e azioni affrettate. Un mix esplosivo che genera un solo ed unico danno, definitivo, quello legato alla reputazione. La cosa più interessante di questo fenomeno è che non riguarda solo i BIG, cioè quelle aziende conosciute sul territorio nazionale, ma sempre più spesso vediamo partecipi di grandi errori anche le piccole aziende (vedi recente vicenda legata alle zucchine), quelle che, fino al momento del grande boom, nessuno conosceva.

Non basta la giustificazione dell’esser piccoli, avere poco budget, non saper comunicare, ne di esser troppo grandi e quindi non interessarsi di opinioni di una cerchia di utenti. Se si incontra l’Epic Fail ogni arma è nulla e ogni azione deve esser dosata ed usata in modo da contenere il danno.

Insomma, tutti coloro che hanno scelto di promuovere sé stessi e la propria immagine sui Social, non ne sono immuni.

Il caso epico che ha fatto scuola di Kryptonite

Forse l’apripista dell’Epic Fail è legata alla storica vicenda dei lucchetti Kryptonite. Siamo nel lontano 2004, un video di un utente metteva in mostra (a tutti) quanto fosse semplice forzare un lucchetto con il semplice ausilio di una Bic.

Il solo lancio del video, di un utente privato, che nessuno conosceva, ma che aveva in mano il potente strumento di Youtube, ha innescato la molla della condivisione che ha letteralmente fatto viaggiare il messaggio, diffondendolo a macchia d’olio, in tutta la rete globale, portandolo a raggiungere mete inaspettate, in ogni stato. Questo oltre che portarsi dietro di sé uno strascico di visualizzazioni, ha generato nuovi emulatori che hanno a loro volta creato nuovi video, dunque nuovo materiale per la rete e nuovo materiale salvato indelebilmente sui profili Youtube di molti utenti.

Il problema di questa vicenda, che ha portato un danno economico e di reputazione mai più risolto (almeno così si legge in rete), è che non si è riusciti tempestivamente ad intervenire e porre rimedio lasciando che il malcontento dilagasse, proprio perché non si era ancora pronti. Ma la vicenda ha creato un precedente, un precedente dal quale imparare.

Cosa ci insegna però l’Epic Fail?

Non è tutto negativo nell’Epic Fail. Almeno per chi non lo vive.
Le lezioni che abbiamo imparato nel passato sono consistenti, hanno permesso ai brand di perfezionarsi e migliorare nella gestione e monitoraggio della reputazione online, costruendo le basi per quelle linee guida da adottare per difendersi da:

  • effetti boomerang, ossia il ritorno negativo da azioni non sempre plateali e Social, ma prettamente legate ad aspetti etici non rispettati dall’azienda o di qualità dei prodotti;
  • cattiva gestione dei commenti e cioè l’attitudine iniziale di alcuni community manager di rispondere ai commenti istintivamente, e talvolta aggressivamente, innescando ulteriore negatività;
  • trolling e affini, abbiamo imparato che “don’t feed the troll” è la regola universale che DEVE regolare una gestione ottimale dei social, a maggior ragione durante le fasi più delicate di innesco dell’Epic Fail;
  • distruzione della reputazione, abbiamo capito che uno “SCUSA” è l’arma più forte che un brand o azienda possa attuare per rimarginare la ferita creata e fermare il flusso di informazioni che dai Social potrebbero uscire andando a popolare blog e testate giornalistiche, quindi Google e le ricerche degli utenti.

Oltre a questo, il passato si porta con sé altre cinque importanti lezioni, che vi vado ad illustrare.

1. Il prodotto/servizio è tutto

Una delle lezioni più importanti che si è imparato è che il prodotto è tutto. Partendo da una commercializzazione di manufatti scadenti o di bassa qualità, che non incontrano il consenso dell’utente, si arriva anche ad risultato Social scadente.

Differentemente, partendo da prodotti ottimi e azioni Social scadenti il margine per rialzarsi c’è, proprio perché l’utente discute non sul prodotto stesso ma su scelte aziendali, che in linea di massima dovrebbero esser risolvibili (ad esempio la scelta di un testimonial sbagliato).

2. L’atteggiamento POLITE è essenziale

Molto spesso ci dimentichiamo che a dialogare dietro il nome del brand sui Social c’è un essere umano, imperfetto, impulsivo e che può errare!

In passato molti Epic Fail si sono generati perché il community manager ha condiviso messaggi con contenuti schierati e non sempre imparziali, questa lezione è servita per capire che è essenziale che, su determinati argomenti, non ci si schieri platealmente, ma si partecipi ad un cambiamento in modo diplomatico e mai netto (ad esempio le unioni civili).

3. La gentilezza salverà il mondo… Social

Se osserviamo i casi di crisi poi risoltisi nel migliore dei modi, si può scorgere un’essenziale elemento in comune: la gentilezza. Il fatto che l’utente sia arrabbiato e che abbia voglia di discutere pesantemente su una questione, ci sta.

Il community manager però, da perfetto conoscitore del popolo Web (come abbiamo ipotizzato in questa infografica), sa che non dovrà mai alimentare il flame, posizionarsi al medesimo livello dell’utente, ma ragionare per il bene dell’azienda.

Gli Epic Fail che si sono risolti in breve tempo, e che hanno lasciato anche meno strascichi, sono quelli che hanno avuto alla base una gestione della crisi “soft”, delicata ed orientato all’ascolto ed alla risoluzione dei problemi.

4. Impara la lezione a spese di altri

Altra lezione che abbiamo imparato è che per vivere tranquilli sui Social ed online è importante “non fare quello che di cattivo hanno fatto gli altri”.

Sembra una visione un po’ cinica e opportunistica, però, è fondamentale cercare di non incappare in quei piccoli errori che hanno portato un brand a fallire. Il linguaggio e i messaggi solitamente sono al primo posto nella casistica di lezioni imparate.

5. La brand reputation deve esser sempre la prima motivazione

Infine abbiamo imparato che, poiché tutti possiamo sbagliare e nessuno è perfetto (per quanto appreso nella lezione numero due), bisogna esser sempre carichi e pronti al dover gestire le moltitudine di dinamiche che, improvvisamente, possono generarsi a partire da un messaggio postato o da una vicenda accaduta, anche offline. Diventa dunque essenziale esser sempre più preparati ad arginare la crisi quando meno se la si aspetti e predisporre in tempi record un piano B.

In conclusione, le conseguenze che in passato alcune aziende hanno subito sono ancora indelebili su Google. Basta, a titolo esemplificativo, digitare un nome di un’azienda che è stata soggetta ad un caso di crisi, ed osservare come reagiscono , anche a distanza di tempo, Google Suggest e le SERP dei risultati per rendersi conto di quanto, vicende accadute anche molto tempo fa, siano poi essenziali per un utente “nuovo” che sta cercando informazioni su quel brand in rete.

Google Suggest

SERP su nome brand

 

La redenzione in questo modo Social e del Web non è mai quasi totale, soprattutto se richiesta a quella fascia di utenti affezionata e legata a determinati prodotti.

Co-founder dell'agenzia, si occupa di sviluppare strategie Social e di Link Building intervenendo nell'ideazione, scelta e creazione dei contenuti nonché sviluppo dell'interfaccia comunicativa dei contenuti. In ambito design è occupata nello sviluppo di siti web, dalla radice all'interfaccia, e nella realizzazione di contenuti che siano più efficaci per comunicare in rete: infografiche, grafiche specifiche per i Social, User Interface per siti e landing page.

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4 risposte a “La sottile utilità dell’Epic Fail: 5 lezioni da imparare”

  1. […] Pia De Marzo su WebInFermento spiega come anche un Epic Fail può essere utile per imparare qualcosa. Nel mondo connesso […]

  2. Roberta Lanari ha detto:

    incappare in errori e scivoloni è inevitabile, prima o poi ognuno ci casca. L’importante è porvi rimedio nella maniera giusta!
    Alcuni suggerimenti oltre a quelli elencati sopra: https://www.webtre.com/blog/social-media-marketing-errori-comuni-e-soluzioni/
    Bravi ragazzi!

  3. AndyT ha detto:

    Tornando sul caso zucchine (o zucconi?) – non stato è tanto l’errore a indignare, ma il rifiuto di riconoscerlo ed eventualmente rimediare, mettendosi addirittura a battibeccare con gli utenti!

    Punto 3, quindi – assolutamente 🙂

    • Il punto tre è il più difficile da scegliere, ma diciamo che oggi come oggi è l’unica strada sensata da prendere per ottenere un margine di miglioramento. Si nel caso delle zucchine sono stati dei veri zucconi! 😀

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