E-commerce DRAMA: cosa ancora si sbaglia negli shop online
Non so per voi, ma per me utilizzare l’e-commerce è diventato uno sport molto frequentato. Non passano giornate nelle quali non cerchi riscontro online, riscontri per conoscere prezzi e modelli di un prodotto X, dalle cose più banali a quelle più serie.
Avere un’e-commerce, per un produttore o un commerciante, è un’opportunità pazzesca. Con un buon investimento è possibile creare una vetrina virtuale visibile al mondo. Al contempo però è una sfida non di poco conto.
Lavorare per un e-commerce non è un lavoro solo di facciata. La vetrina di prodotti è la parte più semplice di un intero processo i cui elementi che lo compongono sono diversi:
- la parte offline che riguarda la gestione del magazzino, il processo di invio dei pacchi, il customer service;
- una strutturazione del sito perfetta, navigazione ed usabilità ai massimi livelli;
- l’attività di SEO, Web Marketing, Customer Satisfatcion, Customer Retention, solo per citarne alcune.
Insomma è una macchina, i cui ingranaggi devono lavorare in modo perfetto per far funzionare tutto alla perfezione.
Teoricamente tutto questo modus operandi dovrebbe esser parte integrante di qualsiasi shopping online, considerato che in Italia il commercio elettronico è un’attività dominante (dell’89,9% di penetrazione nel mercato online, fonte).
Online di informazioni che permettono di approcciarsi in modo corretto alla vendita online ce ne sono, e alle volte sono anche abbastanza dettagliate. In più la trasparenza del Web è quasi totale, per cui basterebbe osservare gli esempi virtuosi per comprendere come debba esser strutturato un e-commerce correttamente e a prova di “utonto”.
Amazon è l’esempio più eclatante, ma anche siti “più piccoli” come Zalando, Yoox o Manomano.
Tuttavia, ancora permangono elementi di incertezza che portano all’esecuzione di errori grossolani che impediscono, di fatto, ad un e-commerce di funzionare a dovere.
In veste di cliente, più che di curatore clinico, vorrei evidenziare gli errori grossolani che ancora commettono certi siti con e-commerce. Alcuni li ho notati personalmente acquistando dai loro canali, altri sono prassi inflazionate, non ancora eradicate. Vediamo gli e-commerce drama del 2018/19.
Indice dei contenuti
Richiesta di recensioni, particolari
La peculiarità di un e-commerce dovrebbe esser quella di raccogliere recensioni per avvalorare la qualità del servizio e del prodotto in sé. È interessante, dunque, chiedere ad un utente di poter lasciare una recensione subito dopo l’acquisto.
Il modello perfetto è ovviamente quello che non “fa pensare l’utente”.
Una email con all’interno due elementi: stelline su cui esprimere il voto e form di opinione. Nulla di più, clicco sulle stelline, se voglio esprimo un parere scritto. Questo in casi normali.
Recentemente ho acquistato dei prodotti su un sito farmaceutico, qualche giorno dopo ho ricevuto questa mail.
Cosa contesto del contenuto di questa mail? Il fatto che si faccia un distinguo tra soddisfazione e insoddisfazione. Le recensioni non dovrebbero aiutare il futuro cliente a capire se qualcosa non va? Allora perché chiedere di inviare impressioni negative via email? L’intento è comprensibile, ovviamente, ed è fare ascolto sul problema sorto, ma al contempo tutelarsi dalle recensioni negative.
Onestamente non trovo che sia un modo etico di operare perché pone l’utente difronte all’alternativa, dunque per un utente tipo negativo=email, positivo=recensione online.
Cosa ne deriva da questo modo di agire? La presenza di molti commenti positivi sui prodotti che, seppur veritieri, portano a falsare l’opinione che un nuovo utente si può creare di un prodotto. Per me è totalmente errato.
Ads che rimandando ad una pagina generica
Altro errore che vedo fare spessissimo è che alcune Ads che partono da Facebook, del tipo carosello di prodotti, anziché rimandare sulla pagina dello specifico prodotto mostrato in foto, aprono una pagina generica.
La riflessione è questa: l’utente che ha cliccato sull’immagine e giunge sulla pagina, teoricamente potrebbe già esser convinto che quel prodotto è meraviglioso e vorrebbe acquistarlo, ma niente da fare. La pagina generica azzera questo intento e fa evaporare l’azione di conversione. Pochi utenti si prenderanno la briga di ricercare quello specifico prodotto in una lista potenzialmente elevata di prodotti.
Il consiglio è di utilizzare i caroselli di Ads di prodotti con il pulsante “Acquista ora”, abbandonando lo “Scopri di più”, collegato alla pagina del singolo prodotto. In questo modo poniamo le basi per un rapporto commerciale con l’utente che nasca con dei buoni propositi (di acquisto).
Login che somiglia a un controllo aeroportuale
Non ci crederete mai, ma in un mio recente acquisto online ho dovuto contattare il servizio clienti per poter accedere al mio menu degli ordini. Non voglio esser disfattista, e so che questa non è prassi comune, anzi molti e-commerce hanno dei sistemi di accesso molto snelli, ma in linea generale l’accesso di un utente ad uno shop non dovrebbe somigliare ad un controllo serrato di una serie di informazioni, alcune di cui non siamo a conoscenza.
Vi riporto l’esempio che mi è capitato. Ho effettuato un ordine su un sito, tutto è andato a buon fine, ho ricevuto correttamente la mail di conferma. Dopo qualche ora volevo controllare lo stato d’ordine. Beh! Non ho potuto farlo perché oltre al classico login mi veniva richiesta un’informazione non in mio possesso: il codice cliente.
Ho dovuto pertanto contattare il servizio clienti, non sapendo dove trovarlo (non era presente nel documento d’ordine) e chiedere il mio codice cliente, dopo aver spiegato che avevo già fatto un ordine.
Me lo hanno inviato e da quel momento, ogni volta che effettuo un accesso al sito per controllare gli ordini, devo inserire questo benedetto codice cliente (ovviamente salvato in auto su Chrome).
Resi con costi nascosti e senza avviso nelle mail, prezzi poco chiari
Uno degli errori più importanti, di quelli che fanno perdere completamente la fiducia dell’utente nei confronti di un brand, è il nascondere i prezzi accessori ossia quelli che riguardano le spese di spedizione e di reso. Recentemente ho acquistato degli articoli da un sito e ho dovuto effettuare un reso.
La procedura di richiesta reso è stato abbastanza semplice, tuttavia ho avuto la sorpresa in fase di riaccredito dell’importo. Avevo una commissione di 6,90 € corrispondenti alle spese del corriere. Cercando sul sito era indicato, ma nascosto, molto nascosto. In nome della trasparenza dovrebbe esser sempre BEN indicato il costo accessorio in modo che l’utente non si senta truffato.
Trovate in questa immagine, in colpo d’occhio dove è scritto il prezzo?
Rendere pressoché invisibile un costo accessorio tutela l’azienda, ma io da utente mi sento abbastanza insoddisfatto. Bocciati!
Sito non aggiornato
Un sito e-commerce è come una vetrina reale. Per cui immaginate di essere in centro a fare shopping e vedere una vetrina che vi parla di sconti sugli alberi di Natale fino al 31.12.18. Cosa pensereste?
Di sicuro denota una certa disattenzione nei dettagli e soprattutto fornisce un’informazione non reale, che non è più valida. Vedo spesso, per fortuna solo su siti di fama minore, banner che spingono all’acquisto ma i cui coupon sono scaduti o non più validi.
Sono piccole disattenzioni che non disilludono l’utente e danno, magari, una percezione errata dell’azienda.
Newsletter troppo frequenti
Un’altra attenzione che dovrebbe esser messa in atto è quella di creare delle liste di mailing organizzate sulla base dell’ultimo acquisto effettuato, soprattutto quando si ha a che fare con i beni di largo consumo. Mi spiego meglio con un esempio.
Sono un utente che ha appena acquistato delle lenti a contatto, per una durata complessiva di due mesi, è probabile che due giorni dopo non ne abbia esigenza, proprio perché ho acquistato una scorta.
Eppure ho notato che il flusso di email commerciali non si è rallentato, anzi è rimasto immutato. Sono rimasta nel loop delle nuove offerte e pertanto ho continuato a sorbirmi mail non interessanti per me, dato che sono uscita dal funnel di acquisto. Di contro l’azienda sta ottenendo l’effetto opposto, sta creando frustrazione.
Pensate ad un utente che ha appena acquistato un prodotto, a ricevere a distanza di pochi giorni messaggi con offerte speciali migliori, magari sullo stesso prodotto!
L’accuratezza nella gestione del contatto prevederebbe di somministrare le mail nel momento in cui è trascorso il periodo in cui, presumibilmente, il prodotto acquistato sta per terminare, senza dare la percezione di esser solo un buon contatto mail da coltivare all’infinito.
Avete altri errori che avete notato da segnalare? Scrivetemeli qui nei commenti!
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