Cosa e’ il Brand Sentiment e perche’ misurarlo
Probabilmente sapete già di cosa si tratta quando leggete la parola “sentiment” in ambito social media marketing ed è un tema che è stato già discusso in tanti altri blog e libri cartacei pubblicati negli ultimissimi anni. Quello che leggerete in questo post non rappresenta quindi una vera novità sull’argomento ma un approfondimento, spero utile, su quanto già sapete.
Quando pensiamo al Social Media Marketing come sotto-branca del Web Marketing (a sua volta branca del più generico Marketing) la prima unità di misura che può venirci in mente per capire se e come sta funzionando quanto stiamo applicando in ambito di social web, è il sentiment. Per sentiment possiamo banalmente intendere il sentimento che i nostri potenziali clienti, sotto forma di non specificati utenti della rete, esprimono per mezzo dei meccanismi di interazione messi a disposizione dai vari social network, su quanto riguarda:
- un contenuto pubblicato dal brand;
- un prodotto/servizio in vendita o prossimo al lancio sul mercato;
- assistenza al cliente pre e post vendita;
- customer satisfaction e feedback inviati.
Indice dei contenuti
- Cos’è il brand sentiment?
- Perchè misurare il sentiment di un brand?
- Gestire il lato negativo del Brand Sentiment
- Identificare la persona che ha avviato la discussione negativa
- Avere un piano di crisis management differenziato per situazioni ipotizzabili
- Capire quando abbandonare una discussione negativa
- Come misurare il Brand Sentiment?
Cos’è il brand sentiment?
Il sentiment è sostanzialmente un indice che misura quello che si dice di un brand, o meglio, la “voce” degli utenti espresso sotto forma di feedback che possono essere positivi, negativi o neutrali.
Sicuramente tutti i brand sono interessati a ricevere feedback positivi ma la comprensione di quelli negativi è fondamentale per comprendere quali sono le problematiche che uno o più utenti riscontrano interfacciandosi a delle esperienze di acquisto avute.
Perchè misurare il sentiment di un brand?
Capire punti di forza e di debolezza di un’azienda è diventato pressoché l’attività più importante oggi se si vuole essere competitivi nel proprio mercato ed evitare di incorrere in crisi di reputation management che poi possono danneggiare quanto costruito in anni di lavoro. Quando non ascoltiamo cosa gli utenti dicono di noi in rete spesso possono crearsi situazioni in cui anche un solo cliente/utente insoddisfatto può dar vita ad una maratona in rete finalizzata a raccogliere supporters per scontrasi contro l’insoddisfazione verso un brand, alimentando dei contenuti che verranno poi condivisi e segneranno in qualche modo il brand in questione. Basti vedere la prima pagina su Google per la ricerca “Patrizia Pepe” che, nonostante hanno ampliato la loro presenza in rete puntando anche allo sviluppo di app sull’AppStore, il negozio eBay e i pay-per-click di Google Adwords per diminuire la visibilità di risultati scomodi, porta ancora segni di quanto accaduto mesi fa. In quel caso poi, il brand ascoltava e monitorava il proprio sentiment ma una risposta errata data a un contenuto proposto in rete ha scatenato il tanto discusso effetto boomerang, di cui parlavo già 2 anni fa.
Il sentiment quindi va misurato non soltanto su esperienze d’acquisto e customer satisfaction su quanto offriamo come azienda, ma anche (e forse bisognerebbe dire, soprattutto) su quanto, come azienda, decidiamo di pubblicare in rete a livello contenutistico. L’altra faccia della medaglia, è data dal fatto che molte aziende, allarmate dei rischi alla reputazione ai quali potrebbero andare incontro, decidono di non essere presenti nel social web, o di esserlo in forma molto primordiale: il che significa con l’apertura di una paginetta facebook e un’interazione molto passiva.
Misurare il sentiment è tuttavia fondamentale non soltanto per capire se ciò che si sta facendo lo si sta facendo bene, ma anche per comprendere dei trend che potrebbero presto svilupparsi e su cui l’azienda potrebbe muoversi da first mover e fare di questi trend (che anticiperebbe), dei fattori critici di successo, che le permetterebbero di scavalcare i propri competitors creando delle barriere all’ingresso.
Gestire il lato negativo del Brand Sentiment
Probabilmente tutti i community managers, gli analisti, gli strategist e i manager di un brand sono tutti contenti quando scoprono di avere commenti positivi, o almeno neutrali. Il vero problema (e la vera sfida) sussiste quando dobbiamo rispondere a un commento negativo, o peggio, a un commento negativo che ha dato vita ad un’animata discussione (negativa). Quali dunque i passi da seguire nell’identificazione e risoluzione di un ipotetico brand sentiment negativo?
Identificare la persona che ha avviato la discussione negativa
Premessa: l’obiettivo non sarà quello di identificarlo per denunciarlo alle autorità competenti o attaccarlo per mezzo dei commenti. L’obiettivo sarà quello di comprendere il motivo del suo malcontento, dargli le dovute spiegazioni e, soprattutto “arginare” il problema risolvendo il prima possibile il problema incontrato dal cliente, magari anche dandogli un valore in più, scusandosi per l’accaduto. Molto probabilmente, agendo sulla “fonte”, si risolverà tutto il sentiment negativo che si era venuto a creare.
Avere un piano di crisis management differenziato per situazioni ipotizzabili
Se mi occupassi della creazione di un piano strategico per la gestione della comunicazione di un grande brand (ma non lo faccio), penserei a sviluppare un piano di crisis management che, ipotizzando diverse tipologie di crisi/attacco/destabilizzazione della reputazione di un brand (andando anche ad analizzarmi tutti i casi finora avuti e le motivazioni che hanno indotto tali crisi), abbiamo anche delle soluzioni funzionanti. Certo, non potremo mai prevedere tutto, ma è sempre meglio come dice il vecchio detto “prevenire che curare”.
Capire quando abbandonare una discussione negativa
Ci sono degli utenti che sono dei “troll”. Commentano contro un brand solo per la voglia di farlo, solo per infastidire chi c’è dietro l’organizzazione e per metterli realmente in difficoltà. In quel caso, se quanto avviene non è legato ad una reale problematica riscontrata da un cliente, la cosa migliore da fare sarà ignorarlo. I troll hanno l’obiettivo di alimentare discussioni negative anche quando non ce ne è motivo, per cui rispondendogli non faremo altro che stare al loro gioco.
Come misurare il Brand Sentiment?
Ci sono fondamentalmente due modi per misurare quello che in rete viene detto circa il nostro brand:
- metodo classico: misurazione “a mano”, sfruttando prima di tutto Google, il miglior motore di ricerca esistente, monitorando le conversazioni con ricerche per parole chiavi, sui vari canali social più importanti in cui si pensa che si possa parlare dell’azienda in questione o del settore di appartenenza ed attivando diversi alerts sempre sulle parole chiave di interesse.
- metodo di supporto: utilizzando software di analisi semantica che scandagliano buona parte del web alla ricerca di conversazioni su cui effettuano l’analisi del sentiment (spesso non esaustiva) o lasciando all’analista l’onere di valutare il grado (positivo, negativo, neutrale) della conversazione.
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Vuoi raccontarci la Tua esperienza?
Molto interessante! Proprio questa mattina leggevo un articolo su quello che è successo a ChapStick…eccolo qua: http://www.adweek.com/adfreak/chapstick-gets-itself-social-media-death-spiral-136097 Mi sembra davvero un ottimo esempio di come gestire tardivamente una crisi non ne limiti i danni…
Grazie per la segnalazione Simona! Se hai altri esempi da discutere segnalaceli qui 🙂