Quando la conversione della campagna è “invisibile”
La necessità del consulente di web marketing è quello di garantire oggi, la tracciabilità di ogni azione e, in modo particolare, la misurabilità della conversione.
Nonostante sia ritenuto un metodo un po’ antiquato per misurare il successo di una campagna e, per certi versi, non adattabile a tutti i canali pubblicitari, quello del calcolo del ritorno dell’investimento resta ancora oggi uno dei più diffusi. Mentre fino a cinque o sei anni fa gli strumenti del web marketing non permettevano di tenere traccia del percorso che l’utente svolgeva dalla scoperta di un brand o di un prodotto, fino al compimento di una conversione da un valore economico attribuibile, oggi disponiamo di strumenti avanzati che possono tracciare “quasi” ogni conversione.
Pensiamo a Facebook Ads dalla sua nascita ad oggi: dalla possibilità di tracciare soltanto il numero di likes ad una pagina o ad un post, alla possibilità di tracciare ogni touchpoint da cui l’utente passa prima di compiere la conversione finale (vedi il post sul Facebook Attribution Tool).
Tuttavia, non siamo ancora nell’era in cui possiamo dire con certezza di avere il diretto controllo sulla misurabilità dei risultati degli investimenti nei canali web. Molto spesso, come consulenti, abbiamo la percezione che il nostro operato stia producendo risultati; magari abbiamo tracciato correttamente tutto con gli strumenti a disposizione. Il fatturato di un’azienda aumenta ma non ci sono conversioni tracciate collegate a questo aumento.
C’è allora la possibilità che quell’aumento di fatturato dipenda da altri fattori, come altre forme di pubblicità offline o un passaparola generatosi spontaneamente. Ma in assenza di questi? Tutto deve, per forza di cose, tornare ad essere attribuito al web marketing. Anche quando non è percepibile.
Sono quelle che potremmo chiamare conversioni invisibili, azioni, dettate dal comportamento umano, che come marketer non possiamo prevedere e che, probabilmente, non saranno misurabili mai.
Quando diciamo ai nostri clienti che siamo in grado di tracciare tutto, in realtà non siamo del tutto sinceri.
Ci sono almeno 2 macro attività, che richiedono un investimento economico e che non possiamo tracciare; attività che, potrebbero aver contribuito direttamente o indirettamente a generare ricavi, ma di cui non possiamo averne certezza.
Indice dei contenuti
Tutte le campagne di web marketing con obiettivo “branding”.
Parliamo dunque di campagne svolte ad esempio su Facebook, con obiettivo acquisizione like alla pagine o sui post. Nonostante sia possibile tener traccia, anche abbastanza fedelmente del percorso di acquisto di un utente, i cookies hanno una scadenza. Posso anche acquistare un prodotto cercando l’azienda su Google dopo diversi mesi che ho visualizzato un’inserzione di brand awareness su Facebook. In questo caso la conversione verrà probabilmente attribuita alla SEO o a Google Ads, ma magari l’origine era Facebook.
Peggio ancora se, la conversione poi avviene nell’offline, magari prenotando un appuntamento per telefono e non è imputabile a nessuna delle campagne con tracciamento delle conversioni attive.
A meno che il brand non si porti dietro una storia di successo lunga decenni, in grado di generare passaparola offline e online, il merito sarà stato delle campagne branding.
Conversioni dal Direct Traffic di Google Analytics
Direct traffic non è soltanto l’attribuzione del traffico agli utenti che digitano l’indirizzo del tuo sito nel browser. Nel direct traffic ci finiscono in realtà tutte le campagne non taggate o i click ai quali non è possibile attribuire un referral, come ad esempio;
- cliccare su un link in una campagna mail non taggata;
- cliccare su un link da un documento Microsoft Office o PDF
- accedere al sito da un URL abbreviato (in base al servizio di URL shortner)
- cliccare su un link da un’app mobile per social media come Facebook o Twitter, le app mobili potrebbero non trasmettere informazioni sui referrer.
- Quando un utente che accede a un sito non sicuro (http) da un collegamento su un sito sicuro (https), poiché il sito sicuro non passerà un referrer al sito non sicuro.
- In alcune situazioni, l’accesso a un sito dalla ricerca organica potrebbe finire per essere segnalato come direct a causa di problemi del browser. Un esperimento condotto da Groupon ha mostrato che il 60% del traffico diretto può provenire dalla ricerca organica.
Come fare in questi casi?
Probabilmente non sarà mai tutto misurabile al 100%, ma per ridurre le conversioni “invisibili” bisogna ingegnarsi.
Tutte le campagne (esterne a Facebook) dovrebbero essere taggate/tracciate personalizzando i parametri UTM, usando ad esempio lo strumento URL builder che Google mette a disposizione. Consigliato l’utilizzo anche per le campagne mobile.
Per le conversioni invece che avvengono nell’offline a partire, ad esempio da una telefonata, un consiglio può essere quello dell’attivazione di specifici numeri verdi, soprattutto quando si attivano particolare “offerte” la cui conversione consiste nel chiamare per prenotare un appuntamento.
Ricorda però, che ci saranno sempre conversioni “invisibili” attribuibili proprio al consulente e di cui bisognerà, in qualche modo, tenerne presente.
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