Social Media Marketing

Cosa ti serve per diventare un bravo Community Manager

Cos’è e cosa fa il Community Manager?

Il Community Manager è la figura preposta alla costruzione e gestione di una community di successo. I suoi compiti vanno dall’ascolto e al monitoraggio delle conversazioni settoriale online, sino alla costruzione e gestione di conversazioni, al fine di alimentarne la qualità e permettere un più naturale sviluppo della comunicazione.

Nell’ambito del Social Media Marketing la figura del Community Manager è tra le più diffuse e forse anche quella che in molti vorrebbero poter ricoprire (dai un’occhiata all’indagine-infografica che realizzammo sul profilo del Community Manager italiano). Molti obietteranno che Community Manager e Social Media Manager/Editor sono due figure differenti ma non mi addentrerò in un’analisi semantica dei due termini, ma in questo post intenderò la figura del community manager come colui o colei si occupa della gestione dei profili nei social media e modera le conversazioni che si generano con gli utenti.

Ma quali sono le caratteristiche (o forse sarebbe meglio dire, le qualità) che un community manager dovrebbe possedere? Di seguito riporto quelle che secondo me sono le qualità che non devono assolutamente mancare, sia maturate nella nostra esperienza lavorativa, sia osservando i casi più virtuosi e i più clamorosi fail.

Eccole di seguito.

Community Manager: come si diventa

Se ti stai chiedendo come diventare Community Manager, sappi subito che non si parte con l’improvvisazione. Diventare Community Manager richiede esperienza, nella gestione delle community, nello sviluppo di giusti toni comunicativi e, soprattutto, nella gestione dei rapporti umani e richieste degli utenti.

Ecco qui sotto alcuni punti saldi.

 

1. Cordialità, disponibilità, empatia.

Per fare un buon community manager per un’azienda dobbiamo pensare prima di tutto di immedesimarci in un operatore off-line dell’assistenza clienti che deve avere a che fare ogni giorno con decine e decine di clienti, ognuno dei quali ha una propria richiesta da sottoporgli. Se l’operatore fosse scortese o svolgesse il suo incarico contro voglia, il cliente lo noterebbe e la volta successiva magari cambierebbe azienda. Avete mai notato come psicologicamente restiamo soddisfatti da un rapporto avuto con un operatore cordiale e col sorriso stampato in faccia? E’ per questo che spesso rispondendo cordialmente alla richiesta di un utente su Facebook e magari chiudendo la risposta con un emoticon, si ottiene un ringraziamento dallo stesso utente per aver soddisfatto la propria richiesta.

La disponibilità nel rispondere a ogni richiesta, nel soddisfare ogni richiesta dell’utente-cliente e la capacità di immedesimarsi nello stesso utente pensando a come noi stessi vorremmo essere “assistiti”, sono delle capacità comportamentali che il buon community manager deve imparare a sviluppare (se non ce le ha per natura) e padroneggiare. Se ci scocciamo a rispondere, se utilizziamo toni burberi, se non forniamo la giusta risposta o peggio ancora, se chiamiamo “coglione” l’utente, come fatto dall’azienda di Trasporto Pubblico di Firenze a un utente che segnalava un disservizio, stiamo certi che oltre a perdere quel cliente e spingerlo nelle braccia della concorrenza, genereremo un vortice virale negativo che si propagherà a macchia d’olio nel web.

ATAF FIRENZE

2. Rapidità

Chi gestisce canali social media molto popolati da utenti, si sarà accorto di una tendenza in atto: l’utente preferisce utilizzare i social come strumento di customer service piuttosto che telefonare e/o scrivere a quello tradizionale o off-line. Questo perché l’utente pensa e spera di ottenere risposte più celeri in tempi brevi e l’azienda/agenzia web deve adeguarsi al trend e fornire risposte il più velocemente possibile.

3. Capacità di analisi e osservazione.

Una delle caratteristiche più importanti e che spesso vedo mancare in molti Community Manager che gestiscono anche brand molto importanti è la comprensione di quello che accade nel flusso del proprio piano editoriale. Se ad esempio sappiamo che le immagini, soprattutto di alta qualità, evocative ed emozionanti sono i contenuti ideali per fare storytelling e che sono anche quella tipologia di contenuti che su Facebook danno il meglio di sé circa visualizzazioni ed engagement, perché continuiamo ad utilizzare status update o link accompagnati magari da messaggi testuali scritti come se si stesse scrivendo un comunicato stampa di vent’anni fa?

Facebook tra l’altro ha recentemente aggiornato le proprie statistiche rendendole di più facile utilizzo e comprensione, quindi abbiamo degli ottimi strumenti per comprendere sia quale tipologia di post funziona meglio per la nostra audience, sia per conoscere quali sono quei post che generano maggiori feedback negativi, in modo che diventa possibile analizzarli per comprendere le motivazioni che possono aver suscitato tali reazioni.

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4. Conoscenza di tool e strumenti operativi

Chi si trova a fare il community manager generalmente si troverà ad utilizzare (e quindi dovrà imparare a usarli) strumenti di:

  • social media management dashboard: per la gestione integrata dei canali social aziendali su un’unica schermata e la produzione di report personalizzati da mostrare al cliente. Esempi sono il classico e diffuso Hootsuite ma anche SproutSocial;
  • social media monitoring tools: sono gli strumenti che serviranno a monitorare la risposta del pubblico a quello che pubblichiamo, ma anche per segmentare e profilare al meglio il proprio pubblico. Esempi ne sono SocialBro e SocialBakers.
  • software di Sentiment Analysis: generalmente indicati per grandi brand, permettono di effettuare operazioni di Reputation Management, magari prima e/o dopo il lancio di un nuovo prodotto/servizio o una nuova strategia di mercato, e comprendere lo stato attuale del posizionamento di mercato del brand e la percezione degli utenti nei confronti di un prodotto o dello stesso brand name.

5. Buona cultura generale di Web Marketing e Comunicazione

Non dimentichiamoci poi che il buon community manager che si rispetti non può fare a meno di essere pratico anche di:

  • copywriting: saper scrivere è anche un’arte. Ideare dei copy incisivi per ogni social di riferimento (uno che funziona per Facebook non potrà per forza funzionare anche su Twitter se limitato ai 140 caratteri) e adatto ai diversi target di riferimento è un’arte che si raffina soltanto dopo lo studio di ciò che funziona meglio e cosa no e di cosa genera il miglior coinvolgimento degli utenti.
  • comunicazione: essere in grado di comunicare concetti considerando che nell’audience non tutti possono essere raffinati intellettuali o gente da “uomini e donne” 😀 (non si offenda nessuno).
  • seo, sem, email marketing, ecc.: non bisogna necessariamente essere esperti di tutto, ma avere delle basi di ognuna delle aree del web marketing può sicuramente aiutare nello svolgimento del proprio lavoro, soprattutto considerando che i social incidono sempre più nel valore generato complessivamente dal web marketing.

6. Capacità di Problem Solving e Crisis Management.

Sebbene non sia responsabilità unica del community manager, potrà capitare di essere sottoposti e critiche e a quelli che ci divertiamo a chiamare #fail, magari perché si è pubblicato qualcosa di totalmente fuori luogo (vedi Decathlon qui sotto) o peggio ancora, si va incontro a vere e proprie crisi con tanto di rischi reputazionali. In questi casi il community manager, in accordo con i suoi superiori o meglio con la stessa azienda, devono essere in grado di formulare un piano di risanamento della crisi (che spesso sfocia in scuse pubbliche, alla fine non c’è di meglio) per tentare di recuperare il recuperabile il prima possibile evitando gravi ripercussioni sull’immagine di marca.

decathlon

Secondo te manca qualcosa a questa lista? Fammi sapere 🙂

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Co-founder dell'agenzia, laureato in Marketing e Comunicazione d'azienda. Esperto di SEO e Content Marketing e autore del libro "Content Marketing per Blog, Social e SEO". Da oltre dieci anni, progetta strategie digitali orientate allo sviluppo di visibilità online. Come consulente SEO ha lavorato in prima persona a differenti progetti complessi in settori ad elevata competizione, costruendo da zero progetti da oltre 20 mila visitatori giornalieri. Segue costantemente tutti gli aggiornamenti algoritmici di Google, di cui scrive poi regolarmente le sue analisi su questo blog e si occupa di seguire siti web che perdono traffico organico individuando problematiche e fornendo strategie risolutive. E' speaker alle più importanti conferenze nazionali sulla SEO e web marketing (Convegno GT, Search Marketing Connect, SMXL, BeWizard, ecc.) oltre ad aver formato numerosi SEO di aziende ed agenzie in corsi di formazione super avanzati. Scrive di SEO anche sul blog ufficiale di SEMrush.

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8 risposte a “Cosa ti serve per diventare un bravo Community Manager”

  1. avatar Michele Romanelli ha detto:

    Come consigliate di comportarsi invece in caso di episodi di “trolling” o disturbatori seriali? Le risposte alla Gianni Morandi possono essere simpatiche una volta per lo stesso utente, ma a lungo andare diventa fastidioso, sopratutto in pagina con utenze medio basse in cui i disturbatori hanno maggior rilievo.

  2. avatar Federico Meloni ha detto:

    Post molto utile! Il caso ATAF è illuminante; si nota come una grande azienda abbia la voglia di esporsi nel Social ma, per svariate motivazioni, perchè non ha messo del personale adatto a gestirlo? Magari sarà la classica impiegata, adibita a fare ben altri lavori, obbligata (o forse no) a seguire il Social Network. Questo errore, a mio parere, è troppo frequente da parte delle Aziende Social.

  3. avatar Valerio Cozzi ha detto:

    Articolo molto interessante, ma questa volta non sono d’accordo per quanto riguarda il post di Decathlon. Troppo spesso si parla di fail e questa mi sembra molto più una trollata (chissà se organizzata ad hoc?!) che ha avuto un seguito di commenti più o meno ridicoli. C’è una sorta di licenza poetica in questo post che è stata del tutto ignorata da chi ha cominciato a criticare… gli altri sono andati dietro come capre.
    Altra questione è quanto successo sulla pagina di ATAF che denota scarsa (assente) professionalità. Più che scarse capacità comunicative lì sono entrate in gioco dinamiche che difficilmente scopriremo: l’errore è talmente palese ed enorme che sicuramente porta con sé altro (dimenticanze? dipendente scontento? frustrazione?)…

  4. avatar lorenzo grandi ha detto:

    Ciao Dario, sono d’accordo con i tuoi punti. Il post di Decathlon però non mi sembra un #fail, tanto che già tra i commenti c’è qualcuno che spontaneamente li manda a quel paese. Ci sono gaffe peggiori 😉
    Ciao buon lavoro!

  5. avatar Filippo Giotto ha detto:

    Bel post.

    Aggiungerei:
    – conoscenza dell’azienda, dei suoi valori, dei suoi processi interni e delle persone che li governano; per questo credo molto nella costruzione in casa (ben guidati, ovviamente) di un team specializzato in SMM;
    – conoscenza e proprietà della lingua italiana: è scontato, certo, ma mi piace sottolinearlo.

    I miei 2 cents 😉

    • avatar Dario Ciracì ha detto:

      Ciao Filippo,

      ottima osservazione la tua. Una conoscenza di quanto accade all’interno dell’azienda è abbastanza importante prima di prendere in gestione una presenza in rete di un’azienda.

    • avatar Mattia ha detto:

      E’ pressoché impossibile creare un team specializzato in SMM per il 90% delle aziende italiane, vuoi per mancanza di budget, per priorità, per mancanza di strutture.
      Per questo che è importante scegliere l’agenzia adatta.

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