È tempo di chiamarlo Social Media Advertising e non più Social Media Marketing
Se hai a che fare con i Social Media per lavoro da almeno cinque o sei anni, ricorderai benissimo come la formazione e la letteratura in questo ambito vertevano molto su concetti quali “ascolto”, “conversazione”, “engagement” e “consumer empowerment”.
Il Social Media Marketing nasceva dal basso. Nasceva da un cambio di paradigma del Marketing forzato dall’avvento delle tecnologie Web 2, che permetteva, finalmente ai consumer di farsi ascoltare e costringeva le aziende e ripensare offerte commerciali sulla base del coinvolgimento degli utenti.
Ti ricordi quando i piani editoriali social erano sviluppati prevedendo un 70% contenuti coinvolgenti e il restante 30% promozionali? Dove sono oggi?
Fatta eccezione per i grandi brand, che non hanno bisogno di usare i Social per vendere, non ce n’è quasi più traccia; la proporzione è invertita. Solo post con call-to action e se, va bene, ogni nove ne viene fuori uno finalizzato all’engagement.
La colpa di tutto ciò? Delle stesse piattaforme Social in primis, che hanno annullato ogni possibilità per i post di “emergere” algoritmicamente e, dunque, di risuonare meritevolmente tra utenti in target.
Ciò ha comportato una costante fame di investimento in advertising trasformando, soprattutto negli ultimi anni, le piattaforme social in piattaforme di vendita.
Non ha più senso infatti dire oggi “i social non servono per vendere, ma per ascoltare i clienti, per fare branding“. Perché non è più vero. I clienti comprano da Facebook. Eccome se lo fanno!
Ciò però ci sta portando ad un punto di collisione. Non ci arriveremo subito, ma pian piano. Quel punto è rappresentato dal momento in cui l’advertising social diverrà insostenibile per tanti, per chi non potrà permettersi di alzare l’asticella dell’investimento. Perché, tra soli due anni, il costo di conversione media di una campagna Facebook sarà più alto di quello di oggi.
Il motivo è semplice: più inserzionisti investono nei Social, più limitati diverranno gli spazi e più bisognerà pagare l’acquisto di uno spazio, di una frequenza di visualizzazione. Più aumenteranno i costi medi nel tempo.
Vogliamo una prova? Parliamo di Ad Spending nei Social.
Statista ci mostra come, nei soli Stati Uniti, la spesa in advertising nei Social Media sia letteralmente raddoppiata in soli tre anni.
Stesso discorso può dirsi per il resto del mondo, dove le previsioni stimano una crescita annuale del 8,7% che raggiungerà un volume di mercato pari a 111 milioni di euro nel 2023.
E quindi che facciamo? Abbandoniamo? No. Bisogna essere lungimiranti. Sfruttare il canale finché c’è convenienza in termini di ROI e, allo stesso tempo, valutare alternative ancora inesplorate dalla “massa” e nei quali muoversi d’anticipo potrebbe rappresentare un grande vantaggio competitivo.
Il Marketing, in fondo, è sempre stato dinamico. Il web Marketing, lo è ancora di più.
Per alcune PMI, i social sono diventate dei touchpoint insostituibili, specie Facebook ed Instagram.
Touchpoint del processo di conversione , o customer journey.
Il problema che i touchpoint prolificano e devi ‘essere presente ‘ in sempre più punti diversi, con evidente limite per i budget più striminziti.
Facebook ADS in Italia batte ancora Google ADS, per la mia esperienza: nel senso che il CPC ed il costo di conversione sono radicalmente più bassi.
Nel futuro la vedo grigia per le PMI o meglio la vedo così: bel menu potranno scegliere solo alcune pietanze, non titte come i big: e quelle pietanze potranno non saziarli completamente, se non scelte davvero oculatamente.
Esatto, finché continua a produrre un risultato economico maggiore dei costi, Facebook Ads (e in generale il Social Adv) sarà comunque preferibile ad altri strumenti.